[interpreti] L. Pisaroni, G. Magee, D. de Niese, P. Spagnoli, M. Beaumont, S. Matthews, J. Fardilha, M. Papatanasiu, C. Costea
[direttore] Ingo Metzmacher
[orchestra] Netherlands Chamber
[regia] Jossi Wieler-Sergio Morabito
[regia video] Misjel Vermeiren
[formato] 16:9
[sottotitoli] Ing., Oland.
[4 dvd] Opus Arte 3020B
Non è una buona idea, raggruppare in unico cofanetto tre interpretazioni diverse: se una di esse eccelle oppure demerita, meglio sarebbe fosse separata dalle altre. Difatti. Le Nozze non sono male, ma neppure dicono più di tanto. Ambientarle in un salone di vendita automobilistico fa della gerarchia sociale un rapporto di padrone e dipendente, che però poi occorrerebbe sviluppare in modo diverso dal solito: se questo non avviene (e qui non avviene, al di là delle forzate evoluzioni necessarie per sostituire la poltrona del nascondiglio col cofano d’una decappottabile verdolina), allora il gioco non vale la candela. Recitazione comunque eccellente, con due punte stratosferiche in Luca Pisaroni e Danielle de Niese, cui s’affianca Garry Magee, Conte per una volta fisicamente credibile come navigato tombeur de femme: cantano tutti e tre benissimo, anche, a differenza degli altri viceversa discutibili, a cominciare dalla stridula e fissa Contessa di Cecilia Costea.
Di Don Giovanni, confesso senza remore aver capito poco o punto. L’idea parrebbe quella di presentare un mondo di morti saltuariamente riportati in vita dal contatto diretto o indiretto con Giovanni. Morte metaforizzata nel sonno: da qui la scena fissa costituita da un’unica stanza da letto con una decina di letti singoli e matrimoniali su cui tutti i personaggi stanno sempre in scena (povero Luperi: il Commendatore muore ovvero s’addormenta subito – ucciso da una bambola con le fattezze della figlia, tiratagli addosso da Giovanni; non so fornirne spiegazione – e là resta fino alla fine, una faticaccia bestiale), dormendo oppure cantandoci sopra. Tutto questo, oltre a non essere gran cosa né come idea né tanto meno come realizzazione, ha l’immediata conseguenza d’uccidere ogni possibilità teatrale: ciascuno sta per conto proprio (Leporello a masturbarsi, Zerlina a provarsi di realizzare qualcosa con Masetto che però scappa sempre, Ottavio rannicchiato su se stesso, e così via), solo saltuariamente venendo a contatto con gli altri. Ora: di solito, le regie cosiddette innovative (ovvero con delle idee) possono magari irritare ma quasi sempre possiedono comunque il gran pregio di potenziare al massimo la teatralità: che l’eccezione riguardi proprio testo simile, è disdoro grave. Ma si trova in perfetta simbiosi con l’efferatissimo obbrobrio vocale: a parte Spagnoli, eccellente Giovanni, e Fardilha, discreto Leporello, gli altri sono un autentico strazio dell’anima.
Ma c’è Così fan tutte. Un vertiginoso capolavoro, superiore persino allo spettacolo della Dörrie, con cui condivide l’impostazione da anni Cinquanta, ambientandola però in un college in riva al mare: Alfonso un insegnante intellettuale con pipa e barba, reduce da profonda delusione d’amore; Despina cameriera tuttofare e bomba sexy (cosa che con Danielle de Niese viene naturale; e per giunta canta divinamente); i due ragazzi molto imbranati, e all’inizio digiuni di quelle cose là, che quindi idealizzano e via via capiscono cosa comportino di gioie ma anche di sofferenze, mentre le ragazze – dapprima molto stile Maria Goretti – l’imparano assai più alla svelta. Funziona tutto, nessun attimo di stanca, mai una caccola (i due travestimenti di Despina sono semplicissimi), scavo psicologico di logica e finezza portentose. Come spesso succede, la strepitosa recitazione si comunica al canto che, già buono di per sé, superbo diventa grazie al fraseggio: Pisaroni e Shankle (che è nero, e con ironia s’assume la parte del ‘biondino’) sono formidabili; Maite Beaumont e Sally Matthews rendono indimenticabili le loro Dorabella e Fiordiligi; la de Niese sta a sé, e Garry Magee recita da padreterno cantando benissimo.
Ingo Metzmacher è anche lui al meglio nel Così (suggestivi i recitativi, molti dei quali accompagnati da chitarra suonata da un fricchettone sdraiato sulla spiaggia), cui imprime vivacità e languore erotico straordinari. Al peggio nel Don Giovanni (pesantissimo, magniloquente, frenetico e scientemente inespressivo). Buono senza particolari brillii in Nozze molto scorrevoli e vivaci, ma un filo asettiche.
Elvio Giudici