direttore Bruno Walter
orchestra Filarmonica di New York
3 cd United Archives UAR0043 (reg. or. 1951-53)
Quest’integrale brahmsiana di Walter mi sembra ancora più bella di quella, pur notevolissima, registrata colla Columbia Symphony tra il ’59 e il ’60 per come lumeggia un dato caratteristico del direttore tedesco: la naturalezza dell’eloquio. Poco conta che sia frutto di arte e non d’improvvisazione. Anche il rapporto non tirannico, ma collaborativo, da primus inter pares, stabilito colle orchestre va posto sulla stessa linea. E tra le compagini predilette un posto di riguardo spetta senza dubbio alla Filarmonica di New York. La sintonia con questi splendidi strumentisti è totale, i tempi risultano in genere più svelti che nei dischi tardi, la scansione ritmica più incisiva (niente indugi al doppio salto di ottava, mi-mi, dei violini nell’Allegro non troppo nella Seconda, cd 1, traccia 5; scansione stretta di violini e violoncelli in apertura dell’Allegro nella Terza, cd 2, 4). La spontaneità di Walter appare evidente nel respiro degli attacchi – esemplare quello in anacrusi, come una caduta dall’alto, della Quarta, cd 2, 5 – e ovunque ci sia da cantare (corni e legni dolce in apertura dell’Andante moderato sempre nella Quarta, cd 2, 6; l’intero inizio dell’Allegro non troppo nella Seconda), con particolare riguardo al legato “espressivo” degli archi. Non mancano le note di buon umore: gli spunti danzanti o popolareschi non passano mai inosservati (al di là dei numerosi episodi nelle Sinfonie, ascoltare la V delle Haydn Variationen e la scelta di Danze ungheresi, cd 3, 6 e 13-16: l’ultima, in fa maggiore, semplicemente rapinosa). Un Brahms pensoso eppur vitale, talora persino sereno, certo meno severo e composto del consueto; più orizzontale-melodico che verticale-armonico: anche quando è di scena il Patriarca non manca la parentesi tenera (variazioni al flauto, ai legni, agli ottoni, da battuta 97 in avanti, nel Finale della Quarta), e le voci mediane, gli anfratti umidi e ombrosi non vengono mai sacrificati (viole da battuta 423 nell’Allegro non troppo della Seconda).
Jacopo Pellegrini