direttore Kirill Petrenko orchestra Berliner Philharmoniker interpreti M. Petersen, E. Kulman, B. Bruns, K. Youn coro Rundfunkchor Berlin 5 cd e 2 blu-ray BPHR 200351
Davvero non deludono queste splendide registrazioni compiute alla Philharmonie di Berlino nel 2012 (Stephan), nel 2017, 2018 e 2019, le prime finora pubblicate con Kirill Petrenko che dirige i Berliner Philharmoniker. È del tutto naturale che in questa occasione abbiano un posto privilegiato capolavori di Beethoven e Ciajkovskij, per ciò che significano nelle tradizioni dell’orchestra e del direttore. L’intensità e la naturalezza con cui Petrenko fa comprendere la necessità espressiva del percorso della Sesta di Ciajkovskij (registrata nel 2017 nel primo concerto da nuovo direttore dei Berliner) e della sua Quinta, si impongono con evidenza assoluta. In Beethoven Petrenko si conferma attento alle prospettive recenti (tempi piuttosto rapidi, alleggerimento degli organici), ma con una vocazione a evitare scelte estreme o effettistici personalismi: colpisce nella Settima la capacità di scatenamento gioioso immune da ogni pesantezza (è questa una delle caratteristiche più evidenti e più difficili da definire del grande direttore russo), e qualcosa di simile si può dire per il Finale della Nona, cui peraltro si giunge dopo un percorso analiticamente approfondito in modo esemplare. Magnifico il coro della radio di Berlino e tutti pienamente all’altezza della situazione i quattro solisti, Marlis Petersen, Elisabeth Kulman, Benjamin Bruns e Kwangchul Youn.
Qualche sorpresa suscita la scelta dei due autori che si affiancano a Beethoven e Ciajkovskij. Petrenko non spiega in che senso vede Franz Schmidt (1874-1939) agli antipodi di Mahler (si dovrebbe contrapporlo a Schönberg, di cui fu coetaneo, e di cui gli capitò di suonare qualche pezzo); ma ha ragione quando vede nella Quarta un doloroso estremo congedo (fu scritta nel 1932-33 dopo la tragica esperienza della morte della figlia), che nella disperata cupezza trova accenti personali anche in un linguaggio strettamente legato alla tradizione: riascoltata isolata in questa bellissima interpretazione la Quarta si conferma la migliore tra le sinfonie di Schmidt, di gran lunga superiore alle precedenti.
Singolare il caso di Rudi Stephan (1887-1915), caduto giovanissimo nella prima guerra mondiale: questo pezzo del 1912 intitolato semplicemente “Musica per orchestra” (con polemico rifiuto di indicazioni ”programmatiche”) è una pagina solidamente costruita, che muove da un inizio oscuro per approdare, dopo un percorso tormentato, a una conclusione fragorosa.
Paolo Petazzi
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