pianoforte Lazar Berman
2 cd Idis 6470/71 (reg. or. 1974-89)
2 cd Idis 697/98 (reg. or. 1976)
Mi capita spesso, coi dischi di livello eccezionale, di tenerli a lungo in frigorifero, di ascoltarli a ripetizione, con e senza gli spartiti, di rimandare sine die il momento di fissare su carta le impressioni ricevute. La sostanza critica dell’oggetto non ancora perfettamente chiara e delineata, rimugino e procrastino, e intanto il tempo passa. Questo per dire che questi due cofanetti sono in commercio da parecchio; ma se, putacaso, qualcuno dei lettori non li conoscesse ancora, faccia la cortesia di andarseli subito a comprare: non se ne pentirà. Berman passava per un virtuoso, e lo era, eccome! Sempre però in lui sul funambolo prevaleva il musicista; meglio, il poeta o, forse, lo storico e il filosofo. Proprio così: dietro il vocalismo operistico, la drammaturgia musicale di Liszt (Sonata, Rapsodia spagnola, scelta dagli Anni di pellegrinaggio a Brescia nel ’74, tutti e dodici gli Studi d’esecuzione trascendentale e Orage nel ’76 a Milano, trascrizione di Lieder schubertiani, sempre Milano, ’89) il pianista russo cerca la spinta etica che ha dato vita a queste pagine, l’intimo significato che le sostanzia, la genealogia che le abbraccia (l’accostamento Liszt-Rachmaninov: un atto di coraggio intellettuale nel ’76). Il teatro se proprio non scompare, finisce in soffitta; il suono magnifico e la potenza vertiginosa possono, non dico svanire, ma essere accantonati in pro di chiaroscuri che, quantunque d’effetto, sottraggono retorica al discorso (chiusa in sfumato, e non “sempre marcato”, della Canzone sull’Otello di Rossini, Prestissimo martellato della Tarantella attaccato non f ma p e rinforzato). Ad attrarre Berman in Liszt non è la prenovecentesca poetica del frammento, il libero alternarsi di spunti sempre diversi, ma la costanza di soluzioni (melodie costruite per accordi ribattuti e disegni scalari) e climi espressivi. E se la bravura spaventa e ammalia (le ottave di Orage, Rapsodia, Gondoliera, Presto nella Valléè d’Obermann, ovviamente gli Studi), la cantabilità dolcissima e sconsolata nei Momenti musicali op. 16 di Rachmaninov (anche quelli veloci) e nei Lieder Schubert/Liszt (l’affanno implacabile di Margherita all’arcolaio, il controcanto all’acuto dell’Ave Maria) travolgono e commuovono. Il suono, trattandosi di registrazioni private, è nel complesso assai buono (giusto qualche saturazione nei gravi in ff).
Jacopo Pellegrini