TORINO[interpreti] B. Frittoli, L. Ataneli, A. Liberatore[direttore] Gianandrea Noseda[regia] Stefano Podateatro Regio
L’opera è un capitolo fondamentale del decadentismo musicale tardottocentesco, e Stefano Poda (monopolista di regia, scene, costumi, luci, coreografia) l’ha impostata sotto questo esclusivo punto di vista. Abbondano dunque simboli gestuali come il lentissimo fluire di figuranti nudi in pose plastiche verso quinte assai lontane e quindi raggiunte dopo molto, molto, molto tempo; oppure scenici come l’aitante e languido Cristo in croce emergente da sotto il palcoscenico, o la donna nuda incinta sotto una clessidra da cui fluisce la sabbia del tempo. Proliferano simboli da manuale di storia dell’arte anche nelle scene: figurazioni plastiche ammiccanti ora all’ellenismo (come la dozzina di bianchissime ali falcate sul genere Nike di Samotracia del Louvre, staccate e poste al di sopra di torsi pure ellenistici) ora al sadomaso d’una stanza da club molto chic fatta di pareti a spunzoni color antracite emergente dal basso, popolata di pettorali maschili che fuoriescono da vestaglie rossonere opportunamente illuminate da luci di taglio. Noseda dirige benissimo, ancorché stranamente volto a privilegiare più una problematica ossatura drammatica in luogo di quel sublime bruciaincensi armonico e cromatico costruito con magistrale sapienza da Massenet. Barbara Frittoli, idonea fisicamente, ha un vibrato nel settore centro-grave troppo importante per poter effondere languore o comunque un briciolo di autentica sensualità; e gli acuti sono così striduli e d’incerto confine con l’urlo da privare la parte dell’ubi consistam previsto da Massenet. Lado Ataneli, esotico nel nome ma terragno e grossier nella voce, plasma un Athanaël decisamente troppo ponchielliano Barnaba per riuscir credibile. (23 dicembre 2008)