direttori Premil Petrovic, Victor Aviat, Brad Lubman, Peter Rundel, Baldur Brönnimann, Emilio Pomàrico orchestre Ensemble Zafraan, KNM Berlin, Wdr Sinfonieorchester pianoforte GrauSchumacher Piano Duo 3 cd Bastille Musique BM014
Musica tra Frenesia e Strategia. Così si intitola il bel saggio di Dirk Wieschollek pubblicato nel booklet di questo box: un’integrale della musica strumentale di Christophe Bertrand, enfant prodige, allievo di Ivan Fedele a Strasburgo, morto suicida nel 2010, quando aveva appena 29 anni. Un box che riempie un buco discografico sorprendente, considerando la fama internazionale che aveva ottenuto nella sua breve carriera (anche Boulez lo aveva diretto a Lucerna). Il suo linguaggio musicale, capace di evolvere ad ogni nuovo pezzo, si basa su materiali semplici, ma sviluppati in forme complesse, articolate, capaci di sprigionare sempre una forte energia cinetica. La scrittura strumentale è sempre virtuosistica (“virtuosismo come vettore di energia che può essere trasmesso all’ascoltatore […] si tratta di creare una sorta di frenesia comunicativa”), ma evita tecniche sperimentali o estese sugli strumenti, né fa ricorso all’elettronica: gioca piuttosto su rapporti di densità e consistenza armonica, per creare degli stati fisici del suono, dotati di una sensualità tattile, o di caratteri eccentrici, che rivelano la sua devozione per György Ligeti. Ciò emerge con chiarezza anche nei pezzi solistici, nella velocità di esecuzione richiesta in Ektra per flauto solo (prestissimo con odio), che squaderna una vasta gamma di espressioni; negli ostinati ipnotici di Dikha, per clarinetto, l’unico pezzo che affianca allo strumento l’elettronica, come un’ombra alienata; nel gioco spiraliforme dei due lavori pianistici, Haos e Haïku, nervosi, tumultuosi, molto “ligetiani” nel loro gioco di trasformazioni del materiale sonoro. Notevole anche la produzione cameristica, dove Bertrand mescolare armonie scintillanti e continui sfasamenti ritmici, in miscele di suoni multicolori, che sembrano fondere insieme Messiaen e Steve Reich. Lo dimostrano le fasce di suono iridescenti e microtonali di Skiaï; le strutture canoniche, i grovigli asincroni, gli effetti stroboscopici di Treis; i massicci processi di addensamento di Virya (forza, in sanscrito), che suona all’ascolto come un meccanismo impossibile da fermare una volta innescato; i movimenti poliritmici di Sanh; le ammalianti, torrenziali cascate di suoni di Satka, sestetto che porta il virtuosismo all’estremo; gli sfasamenti minimal di Wet, per grande ensemble. Bertrand concepisce poi anche l’orchestra come un enorme ensemble, dove praticamente tutte le parti sono solistiche e generano texture dense, estremamente intrecciate, e movimenti di masse sonore che ricordano Xenakis o Bruckner, ma modellate con una finezza raveliana. Mana (il titolo allude alla forza della natura, secondo le credenze di popoli dell’Oceania) è ad esempio una partitura per 77 esecutori, con parti estremamente virtuosistiche, che producono sonorità stridenti, sempre molto vivide, come voci di un regno animale; Vertigo (il titolo rimanda a Hitchcock ma anche a Vertige di Ligeti) è un concerto per due pianoforti e orchestra dal carattere apocalittico e inebriante, ricco di colpi di scena, sventagliate dell’intera orchestra, strane sfocature microtonali che creano una senso di smarrimento; Okhtor (si ispira a Rothko, e il titolo è il suo nome scritto al contrario) è un lavoro dal virtuosismo esacerbato, con elementi crudi, frastagliati, gesti concisi e incompiuti, processi di accumulo, martellanti passaggi omoritmici e oasi sospese, rarissime nella musica di Bertrand. Incredibile che questa musica sia pressoché ignorata in Italia.Gianluigi Mattietti
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