Nella storia del Teatro alla Scala c’è una data fondamentale che non viene mai ricordata: il 26 dicembre 1921. Si parla sempre, e giustamente, dell’11 maggio 1946, quando il concerto diretto da Toscanini segnò l’inaugurazione della sala ricostruita dopo i bombardamenti bellici del 1943; anche nel maggio scorso non è mancata una rievocazione di quella serata, ancora così sentita al punto da provocare conflitti di rivendicazione. Nemmeno quest’anno pare invece che ci sia l’intenzione di ricordare il 26 dicembre 1921, che per la vita della Scala fu, se possibile, un momento ancora più significativo: anzitutto perché coincise con un’autentica rifondazione del teatro, passato da una gestione mista pubblica-privata, in cui spadroneggiavano impresari e palchettisti, a ente autonomo con una propria indipendenza artistica e amministrativa; e poi perché prima della riapertura, dopo oltre quattro anni di chiusura (anche lì c’era stata la guerra), furono eseguiti importanti lavori di ristrutturazione e di ammodernamento del palcoscenico. Nel teatro rinnovato debuttarono, quella sera, il nuovo ente autonomo e l’orchestra stabile. Anche in quell’occasione c’era di mezzo Toscanini, a conferma di un legame inscindibile che ha segnato la storia della Scala nella prima metà del secolo scorso. Visto che sta per scadere giusto un secolo da quel giorno, è il momento di togliere un po’ di polvere a questo anniversario ingiustamente dimenticato.
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L’articolo di Mauro Balestrazzi è pubblicato nel numero di dicembre di “Classic Voice”
cartaceo: http://www.classicvoice.com/riviste/classic-voice/classic-voice-271.html
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