Inizia l’era Gatti

Il direttore stasera inaugura il Maggio fiorentino e un nuovo modo di programmare musica

FIRENZE – Daniele Gatti sta vivendo una fase particolarmente propizia della sua carriera artistica. Dopo la pandemia è stato forse il direttore d’orchestra che ha lavorato di più, sia sul terreno teatrale che su quello sinfonico, sempre molto apprezzato dal pubblico e dalla critica. Chiuso il felice rapporto con il Teatro dell’Opera di Roma alla fine del 2021, dal mese scorso è il direttore principale del Maggio Musicale Fiorentino.
Maestro, che cosa rappresenta per lei questo nuovo incarico?
“Una tappa importante della mia vita di musicista, per due motivi: il primo è che il Maggio Musicale Fiorentino è una istituzione molto prestigiosa, con un Festival che ha una lunga tradizione e con un’orchestra con cui ho un ottimo rapporto, costruito nelle numerose occasioni in cui l’ho diretta; il secondo motivo, è che a Firenze vedo realizzarsi il mio vecchio desiderio di poter dare un contributo importante nella programmazione delle stagioni”.
Che cosa intende?
“Collaboro con Alexander Pereira dai tempi di Zurigo e di Salisburgo e condivido la sua idea di un teatro dinamico. Siamo d’accordo sul proposito di costruire il festival, e non solo il festival, secondo un progetto tematico. Per fare un esempio, quest’anno i temi attorno ai quali ruoterà la manifestazione sono l’amore e il mito greco, che segneranno un po’ il percorso dalle opere ai concerti, intrecciandosi e completandosi fra loro”.
Per il suo debutto ha scelto un’opera del Settecento e una del Novecento storico.
“E sono due debutti assoluti, perché non ho mai diretto né l’Orphée et Euridice di Gluck né l’Ariadne auf Naxos di Richard Strauss. Da tempo pensavo all’opera di Gluck, ma non si erano mai create le condizioni ideali. Le ho trovate adesso, anche per circostanze particolari: la sala grande del teatro è indisponibile sino alla fine dell’anno per lavori di ristrutturazione [verrà riaperta il prossimo 21 dicembre col verdiano Don Carlos diretto dallo stesso Gatti, ndr]. L’Orphée si farà all’Auditorium, dove c’è una piccola buca per l’orchestra, e l’Ariadne alla Pergola. Abbiamo dovuto pensare a due titoli che si potessero allestire in spazi più ridotti”.
Come mai per l’Orphée ha scelto la seconda versione, quella francese?
“L’idea è stata del sovrintendente, che l’aveva già proposta alla Scala, e io l’ho condivisa volentieri perché trovo che sia molto interessante. È una versione meno conosciuta dell’altra, con in più i ballabili che sono molto belli. E poi abbiamo trovato gli interpreti ideali. Confesso che, mentre studiavo la partitura, mi sono appassionato a leggere le lettere che in quegli anni Gluck, da Parigi, inviava regolarmente a Maria Teresa d’Austria, aggiornandola sui problemi coniugali della figlia Maria Antonietta con Luigi XVI”.
Anche i concerti che dirigerà verteranno sui due temi dell’amore e del mito…
“Sì, per quello inaugurale ho scelto il poema sinfonico Orpheus di Liszt, il Lamento d’Arianna di Monteverdi e il melologo Perséphone di Stravinskij. Il secondo concerto sarà dedicato alla musica francese: estratti dal Roméo et Juliette di Berlioz, la suite di Pelléas et Mélisande di Fauré, e la suite n.2 di Daphnis et Chloé. L’ultimo concerto, invece, verterà sulla figura di Edipo Re: per accompagnare l’oratorio di Stravinskij, ho scelto i tre intermezzi sinfonici di Pizzetti, Per l’Edipo re di Sofocle”.
Un compositore italiano dimenticato.
“La riscoperta di Pizzetti all’interno del festival non è una scelta occasionale ma un’anticipazione di quanto intendo per la futura programmazione sinfonica. C’è un intero repertorio da rileggere e rivalutare, ed è quello del Novecento storico italiano. A parte i poemi sinfonici romani di Respighi, gli altri nostri autori di quell’epoca non si eseguono mai o quasi mai. Il Novecento storico europeo è entrato nel repertorio, i nostri compositori invece no. È come se noi fossimo rimasti fermi al melodramma dell’Ottocento e a Puccini; invece esiste un’ampia produzione di sinfonisti italiani. Musicisti come Malipiero, Casella, Dallapiccola, Petrassi, lo stesso Pizzetti meritano di essere conosciuti, anche per discutere il loro valore, magari confrontandolo con gli altri musicisti europei loro contemporanei”.
L’idea dei concerti tematici si estende anche agli altri direttori?
“Sì, e devo ringraziare i colleghi che hanno accettato di eseguire brani proposti da me proprio per mantenere questo filo d’unione tra i vari programmi. Credo che sia un modo anche per aiutare il pubblico ad entrare in una certa ottica. Una visione condivisa da Zubin Mehta, che accompagnerà la direzione delle Nozze di Figaro con un concerto dedicato alle ultime sinfonie mozartiane”.
Com’è il rapporto con il direttore onorario?
“Ho anzitutto un grande rispetto per un musicista che è a Firenze da quarant’anni e che rappresenta un pezzo importante del Maggio. Stiamo collaborando bene. Mehta è stato uno dei direttori che hanno segnato la mia gioventù, quando da studente andavo alla Scala. Per questo gli sono anche affezionato”.
Ha già in mente i programmi per i prossimi anni?
“Abbiamo pianificato i prossimi tre anni, ma non soltanto per quel che riguarda il festival. La mia idea è che anche nelle stagioni diciamo tradizionali, tra l’autunno e fine inverno, il calendario debba seguire delle linee programmatiche a tema, con intrecci fra la rassegna operistica e quella concertistica. Vorrei che nascessero come dei piccoli festival, con progetti indirizzati allo scopo. Per esempio, nel prossimo autunno/inverno ci sarà un omaggio a Verdi (…continua…)
L’intervista di Mauro Balestrazzi a Daniele Gatti continua nel numero 275 di “Classic Voice”

www.classicvoice.com/riviste/classic-voice/classic-voice-275.html

www.classicvoice.com/riviste/classic-voice-digital/classic-voice-275-digitale.html

 


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