FIRENZE[interpreti] J. Wilson, L. Ryan, H. P. Kőnig[direttore] Zubin Mehta[regia] La Fura dels Baus
Ventotto anni sono un periodo biblico, quasi una vita: ma tanti sono occorsi perché a Firenze ritornasse la Gőtterdämmerung, dopo la storica edizione Ronconi-Mehta del Ring conclusa nel Maggio Fiorentino 1981. Ma la risposta del pubblico, grazie all’entusiasmante spettacolo della Fura dels Baus con la regia di Carlus Padrissa, è stata di segno radicalmente diverso rispetto al passato, in primo luogo per l’inconsueta e fitta presenza di giovani in teatro, e per l’incantata, quasi inebetita attenzione con cui il teatro ha seguito il miracoloso succedersi di segnali visivi, di movimenti di massa, salutando con un successo travolgente l’atto conclusivo di un ciclo che resterà senza dubbio nella storia dello spettacolo. Impossibile ripercorrere l’autentica valanga di spunti e stimoli di cui Padrissa ha disseminato la sua regia. Ma senza dubbio indimenticabili resteranno la marcia funebre di Siegfrid portato in spalla per tutta la platea e il reticolato umano che “scoppia” a raffigurare il crollo del Walhalla. Non c’è dubbio che, nel nostro tempo, chi voglia coinvolgere appieno un pubblico che rischia di perdere il senso della storia debba ricorrere, a costo di qualche eccesso descrittivo, di qualche banalizzazione, ad emblemi dell’immaginario collettivo, creato dalla televisione, dal cinema, e più ancora dal virtuale del computer.
La risposta del pubblico non si è fatta mancare: ed ha coinvolto nell’entusiasmo la lettura musicale di Zubin Mehta che ha brillato per la nobile eleganza, il respiro, la precisione con cui ha guidato un’orchestra e un coro del Maggio superiori ad ogni elogio; anche se è sembrato che – rispetto al passato – Mehta abbia maggiormente valorizzato gli aspetti lirici e, quasi, intimistici e patetici della partitura. Nella compagnia, Jennifer Wilson ha tratteggiato una Brünnhilde convincente, di splendida vocalità, e Lance Ryan un affascinante Siegfried non propriamente Heldentenor, piuttosto un adolescente con qualche tratto americanizzante. Autentica incarnazione del Male, anche per chi non conosca le saghe nibelungiche, la possente vocalità di Hans Peter Kőnig (Hagen).
Cesare Orselli
(la versione completa di questa recensione compare sul numero di giugno 2009 di Classic Voice)