[pianoforte] Maria Joao Pires
[violoncello] Pavel Gomziakov
[cd] 2 Dg
Le opere tarde come "catastrofi", in senso greco, diceva Adorno, indicazione che, illuminante per l’ultimo Beethoven o l’ultimo Tiziano, può accompagnarci anche lungo l’estrema produzione chopiniana, non solo per la diversa complessità che penetra il linguaggio ma anche per quella luce particolare che attraversa il suono; tratto quest’ultimo che sembra aver fatto suo la Pires in questa sua rivisitazione dell’ultimo Chopin. Già dall’attacco della Sonata in si minore – ma pure dal passo ampio del Largo – si ha l’impressione di come l’interprete osservi questo universo sentimentale attraverso un filtro intimo, smorzando le accensioni più vibranti e delibando il discorso con una sensibilità acutissima che penetra le sonorità affinando la pronuncia, con un raffinato gioco di ‘rubato’ che rende oltremodo fluente il filo; a volte con un’intimità fin troppo ravvicinata, come nei due Notturni dell’op. 62 che la Pires esplora nella loro sorprendente qualità trascolorante, privilegiando il dettaglio rispetto l’ampiezza inventiva del disegno che pure indica nell’evidenza contrappuntistica un aspetto cruciale dell’ultimo Chopin. Nello stesso spirito, indubbiamente seducente, si muove la Sonata per violoncello grazie alla bella intesa , proprio sul piano della visione sonora, che la Pires stabilisce con il giovane Pavel Gomziakov.
G.P.M.