Giordano – Marcella

Giordano - Marcella

interpreti S. Daolio, D. Formaggia, P. Dilengite, N. Carone
direttore Manlio Benzi
orchestra Internazionale d’Italia
regia Alessio Pizzech
regia video Matteo Ricchetti
formato 16:9
sottotitoli It., Ing.
dvd Naxos 2.110263 

Cosa può fare un re in incognito se non innamorarsi d’una povera villanella? E cosa fa una villanella per bene che s’è innamorata d’un re, allorché cade l’incognito e lui è costretto a tornare al suo paese per salvarlo da un’inopportuna rivoluzione (sempre utili, i cosiddetti e non meglio specificati nihilisti, come Giordano aveva scoperto già in Fedora), se non lasciarlo andare raccomandandogli di pensare talvolta a lei? I romanzi popolari della Salani. I bassifondi del teatro borghese piccolo e minimo frequentato dagli abbonati all’Illustrazione Italiana, e gli angiporti ancor più infimi del melodramma d’inizio secolo. Tutto si tiene, e tutto si autocelebra entro quel composito blocco di compositori tra i quali Giordano s’intruppa e che programmaticamente – ovvero sciaguratamente – volge le spalle all’Europa, cui guarda invece Puccini nelle sue vesti di unico erede di Verdi. Puccini. Nel teatro del quale, le trame possono magari essere simili (ma mai sceme come questa, e neppure antesignane del gusto alla Grand Hotel come Fedora), però la loro traduzione musicale sta su galassia diversa da questa: popolata da canzoncine da salotto non più aristocratico bensì piccolo e piccolissimo borghese, il cui gusto permea da cima a fondo un’opera nata morta ma costretta ai soliti due passi fuori dalla tomba imposti dal solito festival in disperata ricerca d’evento. L’orchestra strimpella sulla soglia minima del decoro, il coro è uno strazio, la scena in pratica non c’è e ognuno passeggia, casca, sta lì come e quanto gli pare: Serena Daolio mostra un discreto materiale, che ove ammorbidisse l’emissione al presente piuttosto rigida e spinta, potrebbe sperare in una carriera; Danilo Formaggia canta “O mia Marcella, abbandonarti?” non proprio come Schipa in una sua famosa incisione, ma è l’unico che canti fraseggiando e mostrando un’autonoma capacità di stare in scena. (28 agosto 2009)
Elvio Giudici

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