Mozart – Il ratto dal serraglio

Mozart - Il ratto dal serraglio

interpreti A. Winska, H. Thate, K. Streit, A. Korn, E. Szmytka, W. Gahmlich
direttore Nikolaus Harnoncourt
orchestra Staatsoper di Vienna
regia Ursel e Karl Ernst Herrmann
regia video Brian Large
formato 4:3
sottotitoli Ing., Fr., Ted., Sp., Cin.
2 dvd Dg 004400734540

Spettacolo del 1989, ripreso al teatro An der Wien durante le Wiener Festwochen. Direzione tipica dell’Harnoncourt mozartiano di allora, in piena virata rispetto ai suoi inizi e pertanto assai diversa dall’incisione solo audio dell’85 per la Teldec: agogica rallentata, ricerca di molte nuance all’interno di una nuance, attenuazione drastica della bruciante sofferenza sensuale e desolazione melanconica che – complice anche la regia di Ponnelle – permeavano l’approccio zurighese di soli cinque anni prima. Analoga eliminazione drastica d’ogni concessione farsesca, naturalmente, grazie alla regia di stampo classico degli Herrmann, lineare e asciuttissima ma lontana dagli esiti massimi del Tito, dell’Idomeneo, del Così fan tutte.
Un muro bianco con porta nera all’inizio (e Belmonte “emerge” dall’orchestra approdando in questa landa che sembra remota ed è invece culla della ragione e della tolleranza), poi una sorta di labirinto visto dall’alto nel quale soprattutto Selim e Konstanze s’aggirano inquieti (“Martern aller Arten” cambia così carattere non di poco, e non certo in peggio), per poi sparire in una discesa invisibile posta al termine del percorso. E analogo impianto narrativo serrato in un unico arco privo di sbavature o divagazioni: rilievo insolito vi assume Selim, attore eccezionale nel plasmare una sorta di spleen nient’affatto sensuale bensì disincantato, profondamente scettico fin dal suo comparire sdraiato languido sulla portantina con una rosa bianca in mano, che dona a Konstanze contemplandone aggrondato – ma come se l’aspettasse – l’accettazione forzata. Lettura indubbiamente interessante, sia musicalmente sia scenicamente.
A limitarne però non di poco l’impatto, è che il migliore di tutto il cast sia proprio Selim, impersonato da Hilmar Thate: antica colonna del Berliner Ensemble, attore eccelso di teatro e di cinema (era il giornalista del Veronika Voss di Fassbinder), secondo me surclassa persino il Brandauer del video BelAir con la regia di Miller. Acidula, tagliente come una lama di rasoio in alto e vuotina in basso, Aga Winska risulta peggiorata rispetto alla già brutta esecuzione di Drottningholm con Östman. Artur Korn è un Osmin formato tascabile, che la regia rende un cucciolone introverso e scontroso con diversi spunti intrigantissimi, vanificati però da canto ai limiti dell’inconsistenza. Appena discreti la Szmytka e Gahmlich, veterani dei ruoli di Blonde e Pedrillo, l’unico canto accettabile è quello di Kurt Streit, peraltro non in serata delle più felici.
Elvio Giudici


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306 Novembre 2024
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