direttore Yannick Nézet-Séguin orchestra The Philadelphia Orchestra 2 cd Deutsche Grammophon
Chi si aspettasse da Yannick Nézet-Séguin un Rachmaninov accorato e struggente avrà delle belle sorprese. Qui non c’è sentimentalismo, o meglio, il sentimentalismo non eccede la quota intrinseca alla pagina, ma nemmeno alcuna posa da intellettuale del podio alla ricerca dell’esecuzione rivelatrice. C’è piuttosto la volontà di abbracciare la musica per quella che è, senza enfatizzarne l’impeto emozionale ma nemmeno sterilizzarlo, abbandonandosi a un lirismo che dà agio dei vari temi che si affastellano di svilupparsi con la necessaria ampiezza di respiro fino a comporsi in un unico affresco. Nella seconda puntata discografica dedicata alla produzione sinfonica di Rachmaninov, che segue la registrazione di Prima Sinfonia e Danze Sinfoniche, Nézet-Séguin si conferma uno straordinario pilota di orchestre e narratore di storie musicali, capace di gettarsi nella pagina fino a spremere ogni goccia di vitalità per restituirla senza intermediazioni all’ascoltatore. Inutile dire che una simile chiave d’accesso dischiuda i segreti di Rachmaninov senza alcuna difficoltà e, probabilmente, senza perdersi molto per strada.
Anche perché è vero che Nézet-Séguin è un direttore molto esuberante, ma non di meno sa ottenere da quella macchina prodigiosa che è la Philadelphia Orchestra una ricchezza di dettagli e sfumature tale da tenere sempre desto anche l’orecchio più smaliziato. Una girandola di suoni ora felpati, ora luminosi, ora vitrei ma sempre scientificamente soppesati fin nella più minuscola delle microgradazioni dinamiche. Se l’esito è un’esecuzione tecnicamente prodigiosa sia negli equilibri verticali della concertazione,
sia nella sinuosità e nella fluidità ritmica dello sviluppo orizzontale, molti meriti vanno dati proprio all’orchestra, che raggiunge vette di virtuosismo sconvolgenti nel bilanciamento degli equilibri e nella qualità, sia d’insieme che degli interventi delle prime parti: come Ricardo Morales fa cantare a mezzavoce il suo clarinetto nel grande solo che apre l’Adagio della Seconda ha pochi eguali nell’intera discografia.
Paolo Locatelli