baritono Konstantin Krimmel pianoforte Ammiel Bushakevitz cd Alpha Classics ALPHA1088
Molto suggestivo un programma che accosta il lirico e sempre melodiosissimo romanticismo di Schubert a quello – contemporaneo – di Loewe, più da rovente ballata gotica dai marcati contrasti. Archibald Douglas di quest’ultimo è quasi una mini-opera, un teso, cupo, fiammeggiante racconto di amore dolore e morte: la bella, limpida voce di Krimmel, capace di schiarire in alto il suo morbido timbro baritonale fino a imprimergli colori quasi tenorili, di per sé potrebbe sembrare poco idonea ai notturni e financo un po’ grevi bagliori di Loewe, ma è proprio questo suo timbro sempre dolce e sottilmente elegiaco a schivare il consistente rischio di retorica. Schubert canta sempre e la sua melodia interiore s’affida a tavolozze che sono tutte un sapientissimo, meraviglioso chiaroscuro; Loewe canta molto di rado, teso com’è a rappresentare con ricchezza di particolari ricorrendo a ogni tipo d’effetto, e la sua tavolozza è più tipo Füssli fatto troneggiare nel salotto di Gottlieb Biedermeier: sicché questo impaginato è un perfetto spaccato liederistico epocale. Ma la voce di Krimmel, così dolce e benissimo governata al servizio d’una sensibilità marcatamente lirica, trova in Schubert terreno ideale.
Erlkönig si centra quindi – trascurando il calligrafismo della ricerca di tre voci diverse – sull’ansia angosciosa del padre e sul trafittivo dolore del figlio molto più che sulla danzante perfidia oscenamente seduttiva dell’elfo (Loewe fa l’esatto opposto, ovviamente, scadendo nell’effettistica trash: sarebbe stato bello metterli a confronto). In Der König in Thule, Krimmel con bella immediatezza ne sottolinea il carattere favolistico di antica memoria popolare attenuando – con l’eccellente complicità del bravissimo Bushakevitz – l’effetto di tragica ossessività dello stupefacente ritmo da organetto meccanico. Dove la fusione di canto e pianoforte attinge a vertice memorabile, lo si ascolta secondo me in An Schwager Kronos: le ottave e gli accordi di Bushakevitz prevalgono giustamente sul canto, che accetta la geniale idea schubertiana di fungere solo da supporto al percorso armonico. Recital bellissimo.
Elvio Giudici