direttori Alexandre Bloch, Peter Eötvös orchestre National de France, Philharmonique de Radio France cd RadioFrance FRF071
Le Partage des eaux. Tutte le interpretazioni sono possibili, dice Tristan Murail: metaforica (l’analisi acustica dei movimenti liquidi), geografica (la linea che separa le acque dalla terra), psicologica (le linee di rottura della vita), tranne una – scherza -: che il pezzo s’intenda come un poema sinfonico sul passaggio degli ebrei sopra il Mar Rosso.
Indubitabilmente Le Partage des eaux è una pagina “acquatica”, che trae la sua materia dall’analisi spettrale delle onde del mare: l’alzarsi, l’accavallarsi, lo spezzarsi in risacca, il frantumarsi, il ripetersi all’infinito sempre uguale e sempre diverso. In questa “trascrizione” non c’è però nulla di descrittivo, solo una delle sperimentazioni più profonde nel cogliere la dinamica imprendibile dell’elemento naturale che ha esercitato sugli artisti dell’immagine e del suono la sua più irresistibile seduzione.
L’impressionismo sarà pure il movimento che più è andato vicino a catturare quel mistero, ma lo spettralismo di Gérard Grisey e di Tristan Murail è l’atto che più “scientificamente” è entrato nelle fibre del “moto ondoso” come forma, tempo, timbro, colore della musica. Le partage des eaux è un pezzo per grande orchestra del 1995, commissionato da Radio France, che proietta in una nuova dimensione il grande sinfonismo di tradizione, lo trasforma in un gesto astratto, che lascia ancor oggi colpiti per la quantità di nervature interne. Terre d’ombre, commissione berlinese del 2003/4, qui diretto da Peter Eötvös nel 2006 con l’Orchestra Filarmonica di Radio France, lavora su un’altra dimensione ai confini della materia, quella delle ombre, per evocare (non descrivere) le quali è necessaria la dimensione elettronica. La sonorità “sintetica”, di cui lo spettralismo è padrone nelle sue procedure di analisi dentro le fibre del suono, aiuta la tessitura orchestrale a legare fra loro le trame, le altezze, le linee (anche paramelodiche), le risonanze che l’attraversano. Allo spettralismo dobbiamo il gesto risolutivo nel superare la contrapposizione storica fra consonanza e dissonanza, nello scavalcare la dittatura del serialismo anni Cinquanta-Sessanta, in sintonia con i fuori-schema per eccellenza, Ligeti e Xenakis. Nell’intervista raccolta nel libretto, torna a far riflettere l’incontro che Murail ebbe a Roma, insieme a Grisey, con Giacinto Scelsi. “Entrambi – ammette Murail – consideravamo il suono come materia prima della musica, non la partitura”. Nulla di più, ma già abbastanza per segnalare Murail, classe 1947, fra i grandi “astratti” della contemporaneità.
Carlo Maria Cella