trio Leopold
2cd Hyperion CDD22069
Parente lontano dell’antica Sonata a tre, e fratello minore del Quartetto, il Trio d’archi entrò nella grande scena musicale alla fine del Settecento: come formazione minima per la musica d’intrattenimento nelle case borghesi. Fu destinatario di danze e divertimenti composti da tutti i musicisti dell’epoca, fra cui non potevano mancare né Haydn né Mozart (suo il capolavoro assoluto del genere: il Divertimento K 563). Beethoven vi si cimentò per la prima volta a ventidue anni, nel 1792, col Trio op. 3: autentico miracolo di freschezza, inventiva e maturità. Qualità comuni a tutte le successive composizioni: dalla Serenata op. 8 ai tre Trii dell’op. 9, questi ultimi ricchi di momenti di splendido abbandono, come l’Adagio del n. 1, quasi presago della genialità dell’Adagio dell’op. 132, la struggente dolcezza dell’Andante del n. 2, e tutta la trionfante complessità del n. 3. Nonostante il trio d’archi andasse stretto alla creatività di Beethoven, non consentendogli quella complessità architettonica e contenutistica che gli offriva il quartetto, queste sue pagine giovanili sono di quelle che si riascoltano enne volte con immutato piacere, anche pescando a caso come in un libro d’ore. Sempre che si tratti di una bella esecuzione. E questa, registrata nel 1988 dalla prima formazione del Leopold String Trio, la è. E lo sarebbe ancora di più ove le stilizzatissime strumentiste inglesi cedessero più spesso agli adescamenti gioiosi ed espressivi che serpeggiano ovunque.