Schonberg – Gurrelieder

Schonberg - Gurrelieder

interpreti D. Voigt, M. Fujimura, S. Andersen, H. Pecoraro, M. Volle
direttore Mariss Jansons
orchestra Sinfonica della Radio Bavarese
regia video Brian Large
formato 16:9
sottotitoli nessuno
dvd BR Klassik 900110

Il re Waldemar si abbandona, nel castello di Gurre, all’amore di Tove, che la regina fa uccidere: una colomba vola sulla foresta portando la triste notizia, prima che il falco le tronchi il desolato canto. Affranto, Waldemar accompagna l’amata al sepolcro, chiamando poi a raccolta tutti i suoi guerrieri, i vivi e i morti: e insieme cavalcano “nel vento d’estate” con blasfeme imprecazioni verso un corrusco sorgere del sole. Vasti inni alla natura, dramma d’amore e di morte, allucinate pitture sovrannaturali: avrebbe potuto benissimo essere musicato da Weber, e lo fu invece da un contemporaneo di Munch e di Kandinskij, di Debussy e di Freud. Colori diafani si alternano a violenze descrittive in un tumultuoso fluttuare d’immagini tardoromantiche nelle quali l’orchestra tardottocentesca raggiunge il proprio non valicabile limite, nel quale le invenzioni timbriche straussiane sorreggono le smisurate impalcature mahleriane tra uno stravolto cromatismo wagneriano: lo raggiunge, ma nel contempo anche lo supera, perché nel suo piramidale assetto si riconosce un minuziosissimo lavoro d’incastro, di frazionamento del materiale in elaborazioni tematiche e soprattutto timbrico-armoniche d’una novità densa di futuro. Dunque coesistenza di due mondi destinati a opporsi ma che qui convivono in ribollente rapporto di derivazione uno dall’altro. Ne deriva un dilemma interpretativo: sottolineare l’aspetto innovativo enucleandone i germi delle conquiste successive; oppure, nell’esaltarne il culmine, celebrare anche la fine di tutto un mondo anteriore.
A me pare che Jansons, come già Abbado prima di lui, si provi a conciliare tali estremi. Quella melodia che prepara e avvia il primo canto di Waldemar: come polverosa, così cromatica e densa di cellule melodiose vaganti in una vibratile quiete colorata. Quel canto struggente dell’innamorata Tove reso un notturno estatico riempito dal vento dei legni nella luce lunare dei violini. La ballata della colomba di Gurre, dove lampi espressionistici illuminano sinistramente un romanticismo denso di turgore emotivo (e mi sembra che qui Jansons tenga molto presente, oltremodo a ragione, la successiva trascrizione per orchestra da camera di diciassette elementi più la percussione), dove appunto la struttura magistrale emerge nitidissima al pari dei colori lividi e insieme dolcissimi che l’intridono come in una tela di Munch. Lo straordinario episodio della cavalcata infernale, in cui le diverse sezioni vengono articolate con un talento pittorico capace di rivivere la grande anima tardoromantica: ma poi, l’episodio della voce recitante sprigiona una tensione espressionista la cui tranciante modernità funge da efficacissimo contraltare.
È molto bello che quest’esecuzione sia in video. Perché ovunque, brilla l’abilità non solo tecnica ma precipuamente musicale di Large: capace d’evidenziare sempre lo strumento giusto al momento giusto, sottolineare i contrasti del contrappunto, mostrare ora la densità degli insiemi, ora il gesto unificante e chiarificatore di Jansons. Il comparto solista non regge in tutto il confronto con un’orchestra eccellente e un coro eccezionale, ma non inficia la qualità complessivamente altissima dell’esecuzione: vacilla un po’, la Voigt insanamente dimagrita, e il timbro non ha più la luminosa purezza d’antan; brava ma un po’ anonima la Fujimura; robusto ma anche un tantino rozzo Stig Andersen; bravissimo il Folle di Herwig Pecoraro, e migliore di tutti Michael Volle nella doppia parte del Pastore e (tra tutte forse la più ardua e singolare) del Narratore.
di elvio giudici


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