interpreti B. Frittoli, F. Meli
direttore Gianandrea Noseda
orchestra Regio di Torino
cd Chandos 10659
Il pezzo forte è costituito ovviamente dai Quattro Pezzi Sacri, splendidamente eseguiti dai complessi torinesi sotto la guida del loro direttore musicale e da Roberto Gabbiani in una delle sue ultime direzioni del coro ereditato da Claudio Marino: il Te Deum, in particolare, prende posto nella pattuglia di testa del pur lungo elenco di registrazioni da ricordare; ma particolare effetto lo comunica il superbo settore femminile, che esegue le Laudi con toccante semplicità espressiva, attraverso un lavoro sulla parola non facile a sentirsi ma purtuttavia essenziale, come d’altronde per ogni nota scritta da Verdi. È stata poi un’ottima idea completare il disco con l’Inno delle Nazioni nella sua prima – e migliore – versione, quella per tenore che i versi di Boito qualificano non inopportunamente come Bardo; con la prima versione del “Libera me” che ora conclude il Requiem; e, in guisa di bis d’un ipotetico concerto, la “Vergine degli Angeli” della Forza. L’Inno, in particolare, non lo si sente mai ma è tutt’altro che brutto: specie se eseguito con la voce di puro argento di Francesco Meli e con una direzione che evita ogni sconfinamento nel bombastico separando l’enfasi (cosa verdianissima e dunque necessaria) dalla volgare e antiverdiana retorica. Sempre interessante, inoltre, ascoltare lo schizzo originario del Libera me (piuttosto ben cantato dalla Frittoli, salvo il percettibile vibrato che affligge la sezione conclusiva), quello che Verdi scrisse pensandolo come brano conclusivo per quella Messa da Requiem in onore di Rossini che i maggiori compositori dell’epoca avrebbero dovuto scrivere, e naturalmente non vide mai la luce perché si sa come si comportano i galli nell’italico pollaio. Vero che è quasi uguale alla stesura definitiva: ma l’assenza d’un già composto Dies irae da citare, fa sì che questo ci appaia quale sorta di sinopia dell’affresco finale, qualcosa cioè d’oltremodo utile a comprendere il metodo col quale un geniale abbozzo può trasformarsi con solo piccoli tocchi nel capolavoro.
di elvio giudici