interpreti A. Netrebko, M. Pizzolato
direttore Antonio Pappano
orchestra Accademia di Santa Cecilia
Contemporaneo ad alcune delle opere maggiori di Händel (vede la luce a pochi mesi dall’Alcina), lo Stabat di Pergolesi esemplifica perfettamente quello stupendo impasto di antico e nuovo che forma l’essenza della migliore musica della scuola napoletana settecentesca: ma in più, lo esprime con una carica espressiva di tale semplice immediatezza da rappresentare un serio pericolo per interpreti che vogliano affrontarlo sia per così dire in pompa magna sonora, sia – peggio ancora – con intento esegetico da “vi faccio riscoprire un capolavoro dimenticato”. Pappano e la sua orchestra evitano in modo mirabile entrambi i rischi. Splendido, il modo con cui da una parte viene evidenziata la copiosa vena melodica che sorregge l’intera partitura, e dall’altra la si frastaglia nei tanti contrasti dinamici che la movimentano di continuo: generandone una continua tensione interna la cui vibratile, luminosissima trasparenza rende pienamente il peculiare impasto di fervore mistico e sensuale teatralità che circola in ogni anfratto della musica pergolesiana, e che in questa pagina trova il proprio insuperato vertice, esaltato dallo splendido suono degli archi ceciliani. Ma anche da una prestazione vocale del pari eccellente.
Con ancora nelle orecchie la sua sensazionale Anna Bolena viennese, risentire Anna Netrebko impegnarsi in pagine formalmente più semplici con lo stesso impegno espressivo, è per me conferma decisiva del suo essere artista (cioè a dire molto di più e meglio d’una cantatrice non importa quanto provetta) tra le massime di cui il nostro tempo possa disporre. C’è soprattutto quella sorta di sensuale radiosità, anzi di esultanza vera e propria (mirabilmente valorizzata da un accompagnamento da indicare come esemplare), che a un canto comunque magnifico per qualità timbrica e morbidezza d’emissione mette espressivamente le ali, rendendolo di personalità inconfondibile. Magnifico, poi, il contrasto del suo timbro pieno e luminoso con quello più vellutato e fondo di Marianna Pizzolato, che si conferma cantatrice di gran vaglia e trova, nel “Fac ut portem” e in “Eia Mater” accenti d’accorata, intensissima commozione. Preziosi bonus del disco, rese entrambe due delicati e toccanti acquerelli con tutti i colori tipici della scuola di Posillipo, le due cantate Nel chiuso centro e Questo è il punto, affidate alla Netrebko la prima e alla Pizzolato la seconda. E.G.