interpreti A. Antoniozzi, R. De Candia, S. Donzelli
direttore Matteo Beltrami
orchestra Sinfonica G. Rossini
regia Matteo Avogadro
regia video non indicato
formato 16:9
sottotitoli It., Ing.
dvd Bongiovanni 20020
Dopo le bellissime Convenienze e inconvenienze teatrali, il teatro della Fortuna di Fano all’epoca della passata gestione mise a segno un altro gioiellino anch’esso approdato al dvd. Alla base di tale ottima riuscita, le identiche ragioni: scelte azzeccate di cast, direttore, regista, che hanno di conseguenza suggerito un titolo ad esse idoneo, nel quadro di spettacoli messi su con due lire ma scialando in quanto davvero serve, ovvero la capacità di far teatro.
Nel Campanello, la partita si gioca su di un baritono brillante capace ovviamente di cantare ma anche di cantare con varietà d’accenti e trovando per ogni accento il gesto capace di completarlo; in più, ove si scelga come in questo caso di eseguire l’edizione napoletana (quindi coi dialoghi, e quindi con Don Annibale Pistacchio d’eloquio partenopeo come fu nella prima andata in scena al teatro Nuovo), di avere a disposizione merce ancor più rara costituita da un cantante che sappia anche “dire” e per giunta impersonare una “spalla” di gran classe. Un’arte, quella della spalla, su cui in sostanza si basava l’intero glorioso repertorio della rivista, che poi (mancando da noi una seria tradizione di musical) fu l’ultimo approdo del teatro comico musicale prima della sua sparizione in seno alla rivista televisiva: e per avere un’idea di cosa significasse e quindi su che livello occorra attestarsi ove si voglia rivisitarla seriamente oggi, basta riguardarsi certi film con Totò cui fa da spalla un attore che si chiama Peppino De Filippo. Qui, li abbiamo entrambi. Roberto De Candia è un Enrico strepitoso. L’edizione critica di Ilaria Narici include i due brindisi che in tempi diversi Donizetti approntò per Lucrezia Borgia (“il segreto per esser felici” e “Mesci mesci”), la barcarola del Marin Faliero, la parodia – una delle tante – della canzone del Salice dal rossiniano Otello, in aggiunta al tour de force costituito dallo scioglilingua “la povera Anastasia” con la citazione al completo e a rompicollo di tutta la farmacopea conosciuta e anzi arricchita di fantasiose invenzioni: timbro magnifico, linea di canto morbida, facile, scorrevolissima retta da musicalità strumentale e innervata da dizione esemplare al servizio d’un accento che fa letteralmente faville. Al suo fianco, Alfonso Antoniozzi è un eccelso attore di prosa che riesce nella quasi impossibile impresa di parer napoletano anche nel parlato, e che per soprammercato canta, e pure bene: ma quando canta, sembra continui a parlare tanto naturale, chiaro e musicale è l’articolarsi della parola all’interno d’una linea di musicalità fenomenale (per tre volte, nell’avviarsi al talamo che non raggiungerà mai, dinoccolando nel più puro stile navigato viveur accenna con un nasaleggiare pomposo e a fior di labbro Il cielo in una stanza: beh, bisogna sentirlo, descrivere questo suo “quando sei qui con me”, proprio non si può. Il modo che ha d’inserirsi nel discorso degli altri portando avanti il proprio; le controscene; un semplice interloquire: le occhiate; l’atteggiamento che assume muovendo ogni parte del corpo: l’arte della spalla, appunto, ai massimi livelli. Per reggere una serata incentrata su due simili animali di palcoscenico, ci vuole un direttore che alla bravura unisca duttilità, entrambe in dosi massicce: e anche questo l’abbiamo, nella persona del giovane Matteo Beltrami, bacchetta in generale tra le più promettenti e a parer mio ricche di futuro, ma in particolare (ripensando anche al suo recente Elisir a Venezia) versatissimo nel genere brillante, di cui mostra di saper possedere il polso, il gusto per l’estro ma non per la caccola, la prontezza nell’accogliere i guizzi improvvisatori di artisti fuori dal comune e di rilanciarli dopo averli inseriti senza scosse nel discorso teatrale complessivo, che quindi scorre con felicità narrativa eccellente. Piuttosto buono il cast di contorno.
di elvio giudici