esecutori Swiss Piano Trio
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Più di quelli beethoveniani (fatti di dottrina e finezza formale al massimo grado), i trii della prima metà dell’Ottocento che maggiormente hanno conquistato il pubblico sono i due di Schubert e questi di Mendelssohn. Distanziati fra loro di sei anni – iato usualmente modesto, ma rilevante nel breve arco di vita del compositore – sono al centro del periodo della sua piena maturità. Il primo op. 49, dopo la creazione a Lipsia nel 1839 fu sottoposto a una sostanziosa revisione della parte pianistica e l’anno dopo vide la luce nella sua forma definitiva: l’accoglienza fu così entusiastica che Schumann lo giudicò il più bel trio “della nostra epoca così come quelli in si bemolle e in re di Beethoven e quello in mi bemolle di Schubert lo furono della loro”. Nel secondo, l’op. 66, Mendelssohn conferì al pianoforte una tale rilevanza che, come scrisse egli stesso all’amata sorella, “può spaventare a prima vista, ma in realtà non è poi così difficile da suonare”. Esalta i due capolavori l’impetuosa interpretazione del trio svizzero nato nel 1998 e ormai accreditato tra i più ragguardevoli dei nostri giorni. Lo slancio mozzafiato e il palpabile entusiasmo con cui si accosta alle due pagine sono talmente contagiosi che non solo le liberano da quell’etichetta di algido “classicismo romantico” normalmente applicata alla musica di Mendelssohn, ma fanno addirittura passare in seconda linea il fatto che ad essi sia spesso sacrificato un accostamento più meditato e introspettivo.
di giancarlo cerisola