pianoforte Andràs Schiff
2 cd Ecm 2122/23
La presenza assidua di un grande pianista come Schiff sia in sala da concerto che in disco permette confronti molto puntuali che in un certo senso “sdoppiano” la personalità del soggetto e ne dipingono un versante più dottorale e didattico (in sala) e uno invece più libero e colloquiale in studio d’incisione. Proprio quello che accade in maniera inversa per altri protagonisti della tastiera, più estroversi e spontanei in presenza del grande pubblico e quindi più osannati dai media. Conoscendo bene quali siano le doti strumentali di Schiff (e quindi escludendo il caso che la sala d’incisione possa coprire eventuali mende tecniche) abbiamo particolarmente apprezzato questo nuovo doppio cd che ci offre delle letture bellissime e in alcuni casi uniche di alcuni immortali capolavori schumanniani, proseguimento di un progetto intrapreso dal pianista già da alcuni anni, sia dal vivo che in studio. Tra i momenti di eccellenza citerei senz’altro Papillons, le struggenti Geistervariationen e le Waldszenen, dove Schiff raggiunge dei livelli di analiticità paragonabili a quelli delle famose incisioni di Arrau, ma aggiungendo un sentimento tutto personale in linea diretta con i contenuti di straordinaria intensità di queste pagine.
L’eccellenza è sommata all’interesse estremo nel caso dell’esecuzione della Fantasia, dove Schiff recupera la versione originale del finale, capitato nei fondi della biblioteca Szèchényi di Budapest. In questa variante, che turberà non poco i conoscitori dell’opera, l’autore aveva modificato il fluire pacato degli arpeggi portandolo a un momento di rottura seguito da una pausa di effetto sconvolgente. Successivamente veniva riproposta la ripresa del finale del primo movimento (la famosa citazione del beethoveniano An die ferne Geliebte) che chiudeva dunque la Fantasia con un richiamo ciclico (con alcune variazioni di segno che provocano un vero e proprio dissesto nei significati della citazione originale). Schiff esegue l’op.17 in questa versione alternativa, incidendo alla fine del secondo cd il solo terzo movimento nella versione “normalizzata” e più nota e quindi indicando nella versione originale il contributo più credibile, meno “addomesticato” dallo Schumann tiranneggiato dagli editori e dal cosiddetto “senso comune” dei benpensanti. È questa una posizione coraggiosa che è stata portata avanti negli anni scorsi anche e soprattutto da Pollini, interprete degli Studi sinfonici, delle Davidsbündlertaenze e della Sonata op. 14 nelle loro versioni primitive. L.C.