interpreti M. Uhl, M. Delavan, M. Klink, T. Blondelle, B. Ulrich direttore Andrew Litton orchestra Deutsche Oper regia Kirsten Harms regia video Myriam Hoyer formato 16:9 sottotitoli It., Ing., Fr., Ted., Sp., Cor. 2 dvd Arthaus 101580
L’ultima opera di Strauss è stata scelta quale personale congedo dalla direttrice artistica della Deutsche Oper, tornata per l’occasione alla sua abituale attività registica: caratterizzata dalla totale rinuncia a qualunque atmosfera nostalgica. Il che è giusto, giacché nessuna nostalgia intride una storia in apparenza così lontana nel mito ma in realtà così vetriolicamente contemporanea oltre che smaccatamente autobiografica (un Dio molto invecchiato e moltissimo deriso dalle sue quattro ex, innamorato respinto in nome della rivendicazione ad essere se stessi senza alcuna protezione divina; il tutto, in una società alla bancarotta che per far cassa svende il proprio patrimonio artistico): peccato però che l’evidente intento di ricreare la leggerezza sorridente ma sottilmente nevrotica della sophisticated comedy americana anni Trenta, si sia arrestata ai costumi e agli ambienti, non riuscendo a interessare un gioco attoriale pesante e senza idee. Come un pianoforte piazzato in alto sulla scena non fa ammicco autobiografico, così una recitazione confusa e sgambettante non fa certo Lubitsch, il cui “magic touch” – ove davvero riuscisse la magia di ricrearlo – sarebbe pendant perfetto per quest’opera tanto affascinante quanto poco nota, forse perché tanto scomoda nella sua perenne attualità. Orchestra plumbea al pari della regia; Manuela Uhl (che aveva già inciso l’opera per la CPO senza riuscire a dire granché) è protagonista carina ma senza alcuna personalità; Mark Delavan non ce la fa a dominare l’asperrima, acutissima tessitura di Jupiter; Matthias Klink è anche peggio come Midas dagli acuti sfocati e dai centri melmosi, le quattro ex si dimenano strillacchiando, e una splendida occasione svapora nel nulla scenico e musicale.
elvio giudici