baritono Christopher Maltman
pianista Graham Johnson
cd Wigmore 0046
Johnson è quello straordinario artista-organizzatore cui si deve quell’autentico monumento discografico che è l’integrale liederistica schubertiana realizzata per la Hyperion, in cui accompagna alcuni dei più singolari artisti – affermati mostri sacri o speranzosi emergenti che fossero – degli anni Ottanta. Dopo un adeguato riposo, torna adesso con questa registrazione che, sì, è l’ennesima riproposta d’un ciclo super-inflazionato: nondimeno, è una gran bella interpretazione. Per un ascoltatore discografico della mia età, è senz’altro riposante constatare che sembra ci sia ormai lasciati alle spalle la rarefatta, quasi metafisica riflessione intensamente filosofica sulla morte che ha sempre connaturato le numerosissime interpretazioni di Fischer-Dieskau (che, volenti o nolenti che si fosse, ha condizionato nel dopoguerra la visione di questo ciclo e, per li rami, di tutta la liederistica schubertiana; mi chiedo spesso che effetto facciano, queste registrazioni, su un giovane ascoltatore odierno): senza per questo abbandonarsi alla superficialità melodiosa che caratterizzava alcune celebri e forse anche troppo celebrate esecuzioni d’anteguerra. Maltman, uno degli interpreti senz’altro più sensibili e intelligenti dei nostri giorni (cui solo manca, almeno in scena, quel pizzico di carisma capace però di fare la differenza), in questo recital dal vivo a me pare guardi semmai a Gerard Souzay: e personalmente ne sono assai lieto, dato che l’ho sempre considerato interprete superiore d’intere spanne a Fischer-Dieskau. Introspezione psicologica accurata ma senza cadute nel cerebralismo spinto; grande rilievo alla parola ma senza praticarne l’autopsia: tutto si scioglie nel canto, un canto sommesso, asciutto, austero persino, ma sempre intriso d’intensa, commossa e commovente poesia.
elvio giudici