Lully – Atys

Lully - Atys

interpreti B. Richter, S. D’Oustrac, E. de Negri, N. Rivenq, P. Agnew
direttore William Christie
orchestra Les Arts Florissants
regia Jean-Marie Villégier
regia video François Roussillon
formato 16:9
sottotitoli It., Ing., Fr., Ted., Sp.
2 dvd Fra Musica

Nessun dubbio che tra gli spettacoli capaci di piantare una pietra miliare nella storia dell’esecuzione musicale d’un dato repertorio, marcando un prima e un dopo, posto di assoluto riguardo vada assegnato alla produzione di Atys montata nel 1987 all’Opéra-Comique allora diretta da Thierry Fouquet in collaborazione con Massimo Bogianckino, direttore generale dell’Opéra: il quale aveva sentito la necessità di celebrare in modo serio il trecentenario della morte di Lully riportando sulle scene un’opera che ne era assente da duecento anni. Come tutti gli spettacoli in qualche modo storici, molto ne derivò in termini di conoscenza della materia, e moltissimo sul come essa potesse o dovesse tradursi in fatto musicale e scenico. Allora non venne ripresa in immagini, ma solo in suoni: uno iato che venne colmato nel 2011 con la ripresa nella stessa Opéra-Comique dello stesso spettacolo, ricostruito con  pazienza e scrupolo certosini.
Che si vedono, e s’apprezzano: senza che però non si vedano anche gli anni trascorsi. Questo toglie poco o punto, si capisce, al valore d’uno spettacolo, solo che si impieghi un minimo di contestualizzazione: e proprio come riparazione alla mancanza di documentazione d’uno spettacolo sempre citato ma finora solo descritto e immaginabile da foto di scena, va salutato con piacere questo dvd che altrimenti riproduce uno spettacolo parecchio vecchiotto.
L’idea di base è non tanto la ricreazione di una recita nella corte di Luigi XIV (che considerava Atys come la sua opera favorita) quanto l’evidenziazione delle linee portanti della politica di spettacolo e dunque di comunicazione messi in opera dal re con l’ausilio della sua longa manus Colbert. L’opera deve parlare della corte. Di essa deve esprimere l’estetica, la politica, l’ideologia: da comunicare ai nobili e, tramite loro, al popolo nonché agli stranieri. In altre parole, quanto i Mémoirs di Saint-Simon descrivono, l’opera-ballet concretizza in suoni e immagini. L’etica della sottomissione, della segretezza anche sentimentale, del crimine d’una non obbedienza al potere supremo (degli Dei e di chi li rappresenta in terra), dello spiare ciascuno i passi dell’altro per farsi più largo davanti agli occhi di tale potere: questo è il lievito nient’affatto segreto del testo di Quinault, ed è il fulcro esecutivo d’uno spettacolo che altro non può essere se non uno spaccato di vita di corte.
Eleganza suprema, impiego magistrale delle luci, costumi straordinari, coreografia raffinatissima: un Pizzi francese. Che sfida – ma non vince – il miglior Pizzi italico (quello che ad Aix e allo Châtelet aveva appena creato i suoi più alti capolavori di Rameau), e che al pari di lui mantiene il posto che gli spetta e sempre gli spetterà nella storia della pratica teatrale: ma appare superato, oggi che all’estetica storica e all’esegesi si preferisce una regia. Resta invece intatta l’eccellenza musicale: Christie organizza la concertazione attorno alla declamazione testuale, la nitidezza strumentale impiegata quale esaltazione della grande oratoria su cui i magnifici versi di Quinault si costruiscono, pur preferendo una pronuncia moderna che evita quella certosina ricreazione del francese secentesco documentata nelle celebri videoregistrazioni degli spettacoli di Vincent Dumestre: ne sposa il ritmo e ne moltiplica i colori, lungo un flusso stupendamente duttile e avvolgente. Cast formato da “dicitori” dalla musicalità impeccabile, dalla voce squisita dell’Atys di Bernard Richter alla formidabile Cybèle di Stéphanie D’Oustrac, alla delicatissima, toccante Sangaride di Emmanuelle de Negri.

 elvio giudici


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306 Novembre 2024
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