pianoforte Maria Yudina
cd Melodia MEL CD 10 01874
“Deflagrazione dell’opera di Bach in una elefantiaca ‘opera aperta’”, così Carlo Fiore conclude il percorso dedicato alle Goldberg in quel suo prezioso, acutissimo libretto dedicato in maniera emblematicamente bifronte anche alle Diabelli ed è una diagnosi affascinante ben convalidata dalla fioritura che, in sede concertistica come in quella discografica, ha avuto e continua ad avere in tendenza crescente la proposta delle Variazioni Goldberg, su uno spettro sempre più ampio che dall’originaria tastiera clavicembalistica passa, attraverso quella del pianoforte, a quella elettronica per diramarsi verso le più insospettate combinazioni strumentali. Limitandoci alle offerte che approdano ogni mese a questa rubrica ci troviamo ora di fronte a ben quattro proposte, oltremodo differenziate. La più lontana è quella che Maria Yudina ha registrato nel 1968, due anni prima della morte; vi si era accostata per la prima volta l’anno precedente dietro suggerimento del clavicembalista e compositore Andrey Volkonsky, consapevole dell’intensità di coinvolgimento della pianista entro le spire del grande abbraccio bachiano. Ne è suggestiva testimonianza la riproduzione nella copertina del disco delle annotazioni che la pianista aveva fatto sul testo musicale, frenetici pro-memoria di quel suo modo di leggere Bach attraverso la lente di una spiritualità esaltata che nel caso delle Goldberg trova una sua definizione nei riferimenti a testi sacri: i primi cinque versi del Salmo 83 di Davide per l’Aria, un passo dal Vangelo di San Giovanni per la terza variazione, uno di San Luca per la sesta e così via, fino alla significativa annotazione al termine dell’ultima pagina, “cerchio”, a dire appunto di una forma aperta in cui l’Aria conclusiva può ribaltare la prospettiva per una rinnovata continuità. L’aura di spiritualità da cui la Yudina si sente ispirata trova una più tangibile positività attraverso il suo eloquio alla tastiera che risulta molto lineare, senza alcun retaggio clavicembalistico, passo scorrevole, resistente alle tentazioni virtuosistiche, abbellimenti limitati ma naturali. Insomma nessun sovraccarico “caratteriale” da parte di questa leggendaria interprete che poteva anche stravolgere un Preludio del Clavicembalo ben temperato “perché c’era la guerra”, come rispose alla domanda di un Neuhaus sconcertato da quel “fortissimo” con cui aveva esaltato il raccolto, interiore Preludio in mi bemolle minore.
Gian Paolo Minardi