pianoforte Bertrand Chamayou 3 cd Naive V5260
Noto che gli Anni di pellegrinaggio di Liszt compaiono sempre più frequentemente nei programmi discografici e concertistici, e viene quasi da invocare una tregua per il bombardamento mediatico cui siamo sottoposti. Certo, si tratta di un ciclo fortunatissimo che permette all’ascoltatore di ammirare Liszt nelle sue vesti di romantico viaggiatore, di virtuoso agguerrito e di visionario religioso, un ciclo che una volta veniva raramente eseguito in sala e che non era tecnicamente alla portata di tutti. Poi vennero Berman, Ciccolini, Swann e tanti altri colleghi che si impegnarono nella diffusione della lunga integrale, un ascolto impegnativo che il pubblico pare accettare senza riserve. E non parliamo dei singoli paesaggi che compongono l’affresco: Villa d’Este e Sonetti del Petrarca sono ad esempio gettonatissimi e si ascoltano quasi quotidianamente in ogni recital lisztiano che si rispetti.
Per quanto la visione complessiva dell’intero arco dei tre anni (più il Supplemento Venezia e Napoli) sia il traguardo a cui l’interprete debba idealmente tendere, è inevitabile che l’attenzione si sposti sulla realizzazione dei singoli pezzi, alcuni dei quali rappresentano dei veri e propri banchi di prova per il pianista. Bertrand Chamayou è un giovane musicista francese che ha intrapreso una notevole carriera in Europa sia come solista che nel contesto della musica da camera. Carriera meritata, e lo dimostra questa bella incisione effettuata per la Naïve nella prima metà del 2011. Timbro acquatico e scintillante per Au bord d’une source, slancio a profusione nell’Orage, perfetto senso della narrazione nella illustrazione del tortuoso percorso de La vallée d’Obermann, virtuosismo lisztiano di prim’ordine nella Tarantella di Venezia e Napoli sono bilanciati da una giusta comprensione del cambiamento di rotta che avviene nel terzo libro, le cui visioni rarefatte, le armonie wagneriane, il prosciugarsi della scrittura pianistica preludono già ai raggiungimenti delle ultime pagine scritte da Liszt per lo strumento amatissimo. Lo stesso Jeux d’eau à la Villa d’Este è qui presentato come un ricordo lontano, gli zampillii delle fontane non avendo quasi più nulla da spartire con il gioioso fluire dei torrenti svizzeri. Sunt lacrymae rerum e la Marche funébre sono resi con una perentorietà di accenti straordinaria e rappresentano due punti di eccellenza assoluta all’interno di una incisione complessivamente fuori dall’ordinario.
luca chierici