Monteverdi – L’incoronazione di Poppea

Monteverdi - Lincoronazione di Poppea

interpreti D. de Niese, P. Jaroussky, A. Bonitatibus, M. E. Cencic, A. Abete, A. Quintans, R. Burt
 direttore William Christie
 orchestra Les Arts Florissants
 regia Pier Luigi Pizzi
 regia video Matteo Ricchetti
 formato 16:9
 sottotitoli It., Ing., Fr., Ted., Sp.
 2dvd Virgin 07095191

I casi discografico-teatrali rendono questo spettacolo e questo dvd contemporanei di quelli svedesi. A separarli, c’è un abisso. E nonostante sia cospicuo il livello musicale che lo supporta, e quanto meno gradevole sia ciò che si vede (l’atelier di Pizzi sforna qui autentici capolavori all’insegna di quella “eleganza” che forma ormai la sua cifra costante e che molto ha contribuito a rendere un epiteto tale sostantivo), l’abisso è davvero profondo. Intanto, udito dopo De Marchi,  Christie (che segue la recente edizione di Jonathan Cable) pare il vecchio zio saggio impegnato in una lezione d’altissima accademia. Tenuta con suoni stupendi nei quali la seta s’alterna al velluto e al damasco con sapienza, raffinatezza, gusto e proprietà d’eloquio tutti sensazionali: ma sempre accademia è, nella quale il teatro scolora in squisiti tableaux sganciati l’uno dall’altro per allinearsi in una superba ma freddina galleria d’arte da percorrere in punta di piedi per non disturbare troppo. Si dicono cose bellissime e profondissime: ma appunto, le si dicono anziché fartene avvertire il senso e soprattutto le sconvolgenti implicazioni. E ti chiedi, retrospettivamente, se per caso non fosse così anche il suo celebrato Ulisse di Aix, mentre ancor meno dubbi sussistono circa il suoi Orfeo e Ulisse realizzati a Madrid sempre con Pizzi: domanda la cui risposta a me pare purtroppo scontata.
Soccorre il cast, comunque: tutto d’alto se non altissimo livello. Jaroussky e Cencic sono due controtenori di voce splendida e canto impeccabile: quest’ultimo, poi, è anche fraseggiatore vario e sempre interessante. Danielle De Niese è brava quasi quanto è bella: tanto bella, anzi, e tanto debordante simpatia, che il personaggio – accadeva anche a Glyndebourne con  la regia, a vero dire non delle sue migliori, di Carsen – finisce col risultare falsato non di poco mancando ogni tratto di reale pericolosità. Stupendi, i due monologhi d’Ottavia così come li dice Anna Bonitatibus, che se non fa niente in scena non è certo per colpa sua. Seneca ha la classe (un poco fanée, ma sempre classe è) di Antonio Abete, e Drusilla il fascino insinuante di Ana Quintans; un po’ meno riuscito, invece il personaggio di Arnalta, che Pizzi vede come una sussiegosa e debordante drag queen, e che Robert Burns rende entusiasticamente tale cercando con ciò di mascherare un canto parecchio scalcinato. Un momento magico, però, questo spettacolo riesce a offrirlo. Il duetto Lucano-Nerone inclina senza riserve verso un duetto d’amore gay con tanto di bacio in bocca e toccamenti vari delle due figure interamente d’oro vestite: ma tale è la dolcezza snervata del canto di Jaroussky e di Mathias Vidal, avvolti dai veli iridescenti e impalpabili dello strumentale di Christie, da farne un momento di pura, astratta eppure nel contempo carnalissima beatitudine sonora.

elvio giudici


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306 Novembre 2024
Classic Voice