pianoforte Marco Marzocchi cd EsDur ES 2038
Fa piacere constatare l’esistenza di giovani interpreti che si emozionano nei confronti della “scoperta” dei Peccati rossiniani e si gettano a capofitto sulle pagine più celebri con contagioso entusiasmo. Però questo tipo di scoperta era stata fatta già molte volte, fino almeno dai tempi di Dino Ciani, e attraverso serate e dischi dove si ascoltavano suites molto più complete avevamo apprezzato questi pezzi da Jeffrey Swann o da Michele Campanella. E ancora, più recentemente, due importanti integrali venivano consegnate al disco da Stefan Irmer e Alessandro Marangoni. Questo nulla toglierebbe al lavoro di Marzocchi se non fosse che in alcuni casi le sue letture non mi sembrano particolarmente innovative e centrate. Si ascolti che cosa fa del Caprice en style Offenbach un Ciccolini, cosa ne faceva uno sconosciuto pianista di nome C. Smith, che accompagnava Cathy Berberian in una indimenticabile serata dedicata al salotto ‘800. E Cathy, diva canora in costume, recitava uno spassoso gioco di ammiccamenti mentre il solista suonava il Caprice con una certa malcelata fatica, rivolgendosi a una immaginaria dama tra il pubblico e facendole capire a smorfie che non ne poteva più di quella musica e del fatto che il pianista le avesse tolto per cinque minuti il predominio del palcoscenico Va dato atto a Marzocchi di leggere le altre pagine meno note con la avida curiosità di chi ha sottomano per la prima volta questi spartiti (che una volta non erano di così facile reperimento) e di regalarci comunque dei momenti ispirati. Ma, lo ripetiamo, anche nel caso dei Pechés bisogna oggi fare i conti con una tradizione interpretativa consolidata e partire quindi da quella per imbarcarsi verso nuove mete.
Luca Chierici