Notturni – Musiche di Benjamin, Ferneyhough, Cerha, Stockhausen, Cage

pianoforte Marino Formenti
cd col legno WWE 20406

Formenti-notturni

Dopo “Marino Formenti, Night Studies” e “Marino Formenti, Nothing is real” esce un terzo cd che nel titolo porta il nome del pianista (e direttore) Marino Formenti (1965), in quanto responsabile del progetto oltre che delle eccellenti interpretazioni. Il progetto “Notturni” comprende anche un breve testo di libera invenzione dell’argentino Rodrigo Garcia ed esclude qualunque informazione sui pezzi eseguiti, dei quali sono indicate solo le date. Il titolo allude all’ora in cui sono stati tenuti quattro concerti nell’ambito di Wien Modern 2011, sempre dopo la fine di un altro concerto. Non è detto se queste registrazioni dal vivo provengano da esecuzioni di un programma sempre uguale o siano una scelta da programmi diversi. Comunque il cd accosta un massimo di densità e complessità (Ferneyhough) e diversi gradi di rarefazione e semplificazione. La maggior semplicità, velata di un’aura di malinconia, si può riconoscere in tre delle 42 Slowakische Erinnerungen aus der Kindheit (Memorie slovacche dall’infanzia, 1956-89) di Friedrich Cerha, che Formenti ha tutte in repertorio, e che corrispondono esattamente al titolo. Di Cerha c’è anche Für Marino (gestörte Meditation). La “meditazione disturbata” cui allude il titolo comporta l’irrompere di momenti violenti in un pacato contesto meditativo. Più noto e più significativo il Klavierstück V di Stockhausen, di cui si ascolta anche un frammento recentissimo tratto dal suo ultimo ciclo, Klang (le 24 ore del giorno), cioè il quinto pezzo della vastissima ìterza oraî (che completa dura più di due ore). C’è anche One (1987) di Cage. Cage e Stockhausen si alternano alle paginette ìslovaccheî di Cerha, mentre all’inizio del cd sono accostati i due pezzi di maggiore interesse, due pagine radicalmente diverse di Brian Ferneyhough e George Benjamin (Shadowlines: sei preludi canonici). Il grande trittico pianistico di Ferneyhough, Lemma-Icon-Epigram (1981) è il più impegnativo lavoro del cd, per l’interprete e per l’ascoltatore. Il titolo va riferito ai tre elementi (motto iniziale, immagine, breve commento) che secondo il libro di Andrea Alciato (1531) formano gli antichi ìemblemiî; ma non dà un’idea della tensione esplosiva di energia che da ognuno dei tre pezzi scaturisce, e della complessità della costruzione formale (la cui descrizione, anche schematica, richiederebbe da sola  una pagina di questa rivista). Il percorso che disegna Fromenti comincia così, con una delle opere pianistiche maggiori del secondo Novecento, e approda alla rarefazione dell’ultimo Stockhausen. Ineccepibili le interpretazioni; il percorso ha certamente varietà, ma anche, mi sembra, dislivelli qualitativi.
Paolo Petazzi

 

 

 

 

 

 

 


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306 Novembre 2024
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