Strauss – Feuersnot – Palermo

interpreti D. Henschel, N. Beller Carbone, C. Olivieri, M. Ryssov, C. Fracasso, C. Knorren;
direttore Gabriele Ferro;
regia Emma Dante; teatro Massimo

TEATRO MASSIMO OPERA "FEUERSNOT" CON LA REGIA DI EMMA DANTE.PALERMO – ll “Bisogno di fuoco”, poema cantato e secondo titolo del catalogo operistico di Strauss, discende da una fiaba dai risvolti crudeli: un mago spegne i fuochi e le luci di una città perché il suo protetto viene rifiutato da una ragazza; e i concittadini la costringono a concedersi, al punto che – denudata – dalla sua schiena si sprigiona una fiamma alla quale tutti riaccendono le loro candele. Questa scena di scherno, a pensarci agghiacciante, avviene, secondo la fonte che tramanda il racconto orale, “non senza grandi risate”. Il primo che interviene a modificarla è proprio Strauss, che trasforma il cinico Märchen in apologo morale con lieto fine: strumento di invettiva e vendetta contro il pubblico di Monaco – dove viene ambientata la vicenda – reo di non aver compreso il genio di Wagner, e neanche il suo. Ecco il “pensiero” sottostante e parallelo, che al nostro melodramma di solito manca. E infatti alla citazione letterale del cognome dei due Richard nel libretto, ci sono i tanti, espliciti, riferimenti wagneriani di cui è infarcita la partitura. A Emma Dante, regista del Sud che debuttava per la prima volta nel teatro della sua città, non si poteva chiedere certo di lavorare come un “dramaturg”. Ma di dispiegare le risorse simboliche di cui è capace il suo linguaggio teatrale, questo sì, ce lo si poteva aspettare. Invece lo spettacolo parte bene, con l’evocazione magica di quella notte dei fuochi di San Giovanni dove i proverbiali nani e ballerine – affidati alla sua prodigiosa compagnia di mimi – intessono un tableau fitto di allegorie circensi, nervosamente bamboleggianti e dispettose, come nello smaliziato funerale della sposa inscenato dopo il “gran rifiuto” della donna. Però poi continua fino in fondo a credere nella favola: non la svela mai. È vero, all’inizio il protagonista mago innamorato è un compositore, le cui partiture gettate in buca alimentano il “fuoco” creativo che nel prologo aggiunto sale dall’accordatura d’orchestra. Ma l’idea registica resta una dichiarazione d’intenti, non si fa racconto: alla fine l’amore trionfa (lui e lei si affacciano dal balcone a torso nudo…), il mago soddisfatto scatena i mimi che agitano i loro nastri rossoarancio in un delizioso incantesimo del fuoco. Anche se di Wagner continua a non vedersi l’ombra. (…)
Andrea Estero

La recensione continua sul numero 177 (febbraio 2014) di “Classic Voice”


Prodotti consigliati
306 Novembre 2024
Classic Voice