solisti R. Fleming, S. Graham direttore Sebastian Lang-Lessing orchestra Philharmonia cd Decca 478 5107 prezzo 18,60
Piaceri colpevoli, dice la nostra esimia Renée Fleming, di questa collana di pezzi vocali, operistici e non, consegnati al disco; ma colpevoli di che se non di un simpatico modo di ammiccare alla benevolenza di chi ascolta? Si sa che florilegi di tal sorta vanno soprattutto all’amatore di belle voci, ma questo ha dalla sua una collezione di rarità musicali che da sola probabilmente varrebbe la spesa: si trascorre da Berlioz a Smetana, da Canteloube a Corigliano, da Rachmaninov a Delibes e a Ciaikovskij senza battere ciglio, e con non rare occasioni di sorpresa. Tra queste ultime, ad esempio, l’ignota aria dalla distrutta Undina di Ciaikovskij, affrontata con adeguato spleen dal soprano americano, o i due splendidi numeri in lingua occitanica dagli Chants d’Auvergne orchestralmente trascritti da Canteloube; o ancora la malinconica berceuse di Vendulka dall’opera Hubicka di Smetana e la chanson Phidylé di Duparc, per non dire dell’accorato senso di congedo che la signora insinua nella celebre canzone popolare inglese Danny Boy che conclude il disco. Ho detto di tali esempi, non solo perché contano fra le chicche dell’antologia ma perché tutti consacrati alla vena umorale patetica, che è certamente punto di forza nella carriera di questa nobile voce. E ciò, per paradosso, ne sancisce un po’ il limite che è quello di una tal monotonia di colori, perché nelle pagine briose, poche invero (vedi i due pezzi di Delibes o il valzer straussiano trascritto da Korngold Walzer aus Wien), quella tinta un poco uniforme s’addice assai meno allo spirito della musica. Ma se si pensa che Fleming è riuscita a recuperare, in omaggio alla lingua italiana, perfino un piccolo frammento di Licinio Refice, Ombra di nube (invero non eccelso), si può valutare con quale acribia esploratrice costei e il suo direttore Sebastian Lang-Lessing abbiano dato linfa alla raccolta. Un appunto? Ebbene sì, la pronuncia davvero oscura di cui il nostro soprano riveste le tante lingue affrontate: dal moravo al russo, dal francese all’inglese e all’occitanico, sembra che tutto si assimili un po’ al turco.
Aldo Nicastro