I primi vent’anni del Novecento in Austria rappresentano l’ultima grande stagione dell’operetta danubiana grazie alla creatività musicale di Franz Lehár che, con la sua grande vena artistica e popolarità, trascina l’operetta viennese nella sua sfolgorante stagione “d’argento”. Dopo i fasti degli anni “d’oro”, quelli di Johann Strauss, è Franz Lehár che con il successo della Vedova allegra, ne raccoglie il testimone in una fase storica in cui lo spirito che animava “il re del valzer”, il piglio gioioso e spensierato del mondo di ieri, cedeva gradualmente il passo ad una profonda e radicale malinconia. Questa infatti è l’atmosfera che caratterizza e anima gli ultimi capolavori di Lehár tra i quali spicca Il paese del sorriso (1929).
Musicato da Franz Lehár su libretto di Ludwig Herzer e Fritz Löhner, Il Paese del Sorriso appartiene al periodo della maturità musicale del compositore ungherese ed è caratterizzato da una vena di nostalgia e tristezza che pervade anche le altre due operette coeve dell’autore: Paganini e Federica. Si tratta di capolavori appunto, ma profondamente diversi dalla precedente produzione artistica di Lehár. Innanzitutto perché scritti per Richard Tauber, tenore austriaco che Lehár conobbe e frequentò e che fu protagonista di molte sue produzioni. Tauber infatti si specializzò tra il 1925 e il 1930 nell’operetta ed ebbe con il compositore una grande affinità istintiva che lo rese interprete insuperato e ideale dei suoi ultimi capolavori intrisi di pathos e di liricità. Chi non ricorda l’aria “Tu che m’hai preso il cuor?”. Quest’aria ha contribuito a conservare nel tempo la fama del Il Paese del sorriso ben oltre il limite della sua effettiva vitalità teatrale. Lehár lo faceva spesso: usava puntare su un brano d’insieme che potesse caratterizzare in maniera inconfondibile ciascuna sua operetta.
Simbolo di un amore incompiuto, quindi insolito per questo genere musicale per il quale era “obbligato” il lieto fine, Il Paese del sorriso tratta l’amore infelice del principe cinese Sou Chong per la viennese Lisa, sentimento che non si conciliava nè con le usanze della corte orientale né con la nostalgia che la stessa Lisa provava per la sua amata e lontana Vienna.
Sotto la direzione della bacchetta di Antonino Fogliani lo spettacolo si presenta al pubblico del “Verdi” in un originale allestimento prodotto dalla Fondazione lirica triestina e messo in scena da Damiano Michieletto, oggi riconosciuto sulla scena internazionale come uno dei rappresentanti più interessanti della giovane generazione di registi italiani.
Info: www.teatro-verdi-trieste.com
Jun192014
Il paese del sorriso di Lehár a Trieste
17-28 giugno