La musica riprodotta è una delle vittime di quel paradosso della tecnica che avviene quando all’avanzamento tecnologico corrisponde una perdita di qualità. La “musica liquida” è ormai un fatto, tanto da non dover neanche ricordare cosa significhi. Poche parole sono state spese invece sulla qualità della riproduzione, ossia su quello che fin quando esistevano dischi e impianti stereofonici si chiamava alta fedeltà. Mentre la Warner ripropone in disco lo splendore del primo Karajan, la qualità audio dei video di YouTube è generalmente bassa e non costituirebbe argomento di discussione soltanto se la piattaforma fosse un modo tra i tanti di accesso alla musica. Invece per molti sta diventando l’unico poiché ormai è la cultura dello streaming a essere diffusa: non possiedo più niente, non ho bisogno né di supporti mobili (dischi) né di fissi (hard disk), mi basta una costante e potente connessione a internet, dove trovo la musica che voglio. Ma a che prezzo qualitativo?
Jun202014
Comodo scaricare dalla rete. Ma la qualità dell’ascolto?
Si possono gustare Strauss o Puccini nella bassa definizione a cui ci ha abituati la musica “liquida”?