pianoforte Sunwook Kim violoncello Alban Gerhardt sheng Wei Wu direttore Myung Whun Chung orchestra filarmonica di Seoul cd Deutsche Grammophon 481 0971
Nel 2001 c’era stato l’exploit del concerto per violino, che le era valso il prestigioso premio Grawemeyer. Da allora Unsuk Chin si è rivolta costantemente alle forma concertanti, esplorando a fondo le possibilità di ciascun strumento, dal punto di vista sia tecnico che timbrico, anche con una chiara volontà di creare forme nuove e più elaborate rispetto a quella del concerto per violino, che mostrava una certa convenzionalità, nella sua articolazione e nella dialettica tra solista e orchestra. Nel 2002 la compositrice coreana ha scritto un doppio concerto per pianoforte e percussioni, nel 2014 un concerto per clarinetto, e tra il 1997 e il 2009 i tre concerti incisi in questo cd – che sono anche tre prime incisioni mondiali (live quella del concerto per sheng e orchestra) fatte tutte a Seoul nel gennaio del 2014: il Concerto per pianoforte, il Conceto per Sheng e il Concerto per violoncello, tutti caratterizzati da un innato senso del dramma, dalla ricerca di nuove textures, da una scrittura orchestrale meticolosa, restituita in tutta la sua seduzione dalla lettura precisa e tagliente di Myung-Whun Chung. Nel Concerto per pianoforte, l’orchestra sfrutta un vasto set di percussioni per mimare il suono percussivo del pianoforte, creando intorno ad esso un alone sonoro molto arabescato: da questa texture affiora il solista, e a tratti sembra esserne riassorbito, con una scrittura impegnativa, molto vicina a quella degli studi di Ligeti, ma affrontata con sicurezza da Sunwook Kim. Un gioco sottile, pieno di screziature, che investe in modo diverso i quattro i movimenti, scintillante il primo, statico e misterioso il secondo, frammentario e capriccioso il terzo, mobilissimo il finale dove il pianoforte dipana un incalzante moto perpetuo. L’influenza di Ligeti è molto evidente anche nel virtuosistico concerto per violoncello, scritto per Alban Gerhardt, che lo esegue anche qui, sfidando una scrittura ai limiti delle possibilità umane, ma anche cogliendo l’essenza poetica e drammatica di questa partitura (data anche da un gioco molto contrastato tra solista e orchestra). La struttura sintattica più interessante è però quella di Šu, concerto in un unico ampio movimento che la Chin ha composto per Wu Wei, un virtuoso dello Scheng (antico strumento cinese, concepito come un grande organo a bocca). Tutto sembra nascere proprio dal suono di questo strumento, che aggiunge dei sinistri baluginii, dei tratti aciduli, alle trascoloranti armonie orchestrali.
Gianluigi Mattietti