Chailly racconta la Turandot per l’Expo

E sceglie un finale "tristaniano" per l'incompiuta di Puccini

Yannick Nézet-Séguin (conductor), Nikolaus Lehnhoff (director), Raimund Bauer (sets), Andrea Schmidt-Futterer (costumes), Duane Schuler (lighting design), Denni Sayers (choreographyBenvenuto alla Scala. E benvenuti alla Scala. È un doppio augurio quello che riguarda Riccardo Chailly a meno di un mese dall’esordio sul podio operistico del “suo” teatro: quello inviato dalla nostra redazione, che ha raccolto fra tutti i collaboratori della rivista riflessioni, suggerimenti e domande per questa intervista. E l’altro che il maestro milanese rivolge ai visitatori che arriveranno a Milano per l’Expo, e dunque anche al Piermarini. Milioni, si dice, tra i quali molti non vorranno perdersi – c’è da giurarlo – lo spettacolo italiano per eccellenza nel luogo in cui è diventato grande. Per la Scala si prepara un’estate rovente, con un calendario di appuntamenti sterminato. Fugato il pericolo di ammutinamento sindacale, si parte con la Turandot di Puccini con finale di Luciano Berio il primo maggio (in diretta su Rai 5 e il 21 nei cinema). “È un appuntamento che non si può mancare”, conferma il neo direttore principale. “Per il Teatro alla Scala, avendo accanto a Puccini anche Berio, rappresenta l’occasione di unire idealmente due secoli di musica italiana”. E anche per ribadire che la nuova Scala non vivrà nel segno della continuità. “La volontà, nel progetto artistico dei prossimi anni, è di abbracciare tutti i periodi storici. Ma ci sarà un’attenzione particolare al repertorio italiano. Abbiamo già avuto abbastanza ‘Scala con cartellone internazionale’. Torniamo a fare una programmazione di alto profilo all’interno della quale primeggia e si evidenzia la linea rossa del teatro alla Scala: il grande melodramma italiano”.
Chailly ha le idee chiare: l’opera a Milano deve cambiare rotta. Come se i grandi cicli su Wagner (tra cui il Tristano “di” Chéreau), Janácek, Britten, le opere di Richard Strauss o Alban Berg, programmate con continuità dalla scorsa gestione, avessero compresso lo spazio dedicato a quello che secondo il direttore milanese è il “core business” scaligero. O forse il problema era anche come si è messo in scena il tanto Verdi eseguito, le forze artistiche impiegate per i molti titoli italiani allestiti, rispetto a quelle mobilitate per il grande repertorio internazionale?
A Chailly non va giù in particolare il recente disinteresse nei confronti di Puccini. La mancanza di progettualità: “Uno dei teatri più importanti nella vicenda artistica pucciniana deve dedicare un’attenzione particolare indipendentemente dalle simpatie o antipatie di un sovrintendente. Parliamo della storia di un teatro, e di cultura nazionale, non di gusti personali”. Ed ecco dunque la scelta di dirigere, nei suoi prossimi anni scaligeri, tutto Puccini. Iniziando proprio con la sua ultima, incompiuta e più problematica, opera, nella versione che si conclude con il finale di Luciano Berio.
Perché questa scelta?
“Ci sono molti schizzi lasciati da Puccini che Luciano ha analizzato e realizzato come strumentazione. Sappiamo da tante testimonianze che Puccini era orientato a un finale come scrive spesso negli schizzi ‘poi Tristano’. Pur essendo in presenza di un lieto fine, si arriva dunque a una conclusione in morendo, che va verso l’evanescenza. L’idea della Turandot Puccini/Berio è che l’unico viatico per raggiungere l’amore è il suicidio: Calaf e Turandot possono amarsi al costo della morte di Liù. Infatti nella regia di Lehnhoff (qui raffigurata, ndr) il corpo di Liù rimane in scena fino alla fine”.
Il nodo che Puccini non seppe, o non ebbe tempo di sciogliere, era quello dello “sgelamento” di Turandot. Com’è risolto da Berio?
“Il gran duetto finale tra Calaf e Turandot è contornato da un importante interludio sinfonico, in cui c’è un abbraccio: il primo contatto fisico reale tra Calaf e Turandot avviene senza canto. Si tratta di un racconto sinfonico di quasi due minuti in cui si accavallano tanti temi, alla maniera di Wagner, anche se sono temi pucciniani: questo momento, che Luciano ha realizzato con grande fantasia, dà peso a un abbraccio fisico, in un’opera che rappresenta fino a quel punto un personaggio metafisico come Turandot. È un punto decisivo anche della regia di Lehnhoff che – non dimentichiamolo – ha portato in scena per la prima volta Turandot con questo finale nel 2002 ad Amsterdam”.
Alla Scala andrà dunque in scena la stessa regia?
“Sì, ma l’abbiamo ripensata, ci sono aggiunte e alcuni interventi migliorativi. Ma resta uno spettacolo ‘storico’, perché è l’unico che Berio ha approvato (l’altro, realizzato a Salisburgo, non l’ha condiviso e si è dissociato pubblicamente). Quella di Amsterdam che ora approda alla Scala è dunque l’unica produzione che il compositore ha seguito fino in fondo: durante le prove Berio ebbe una presenza talmente attiva sulle correzioni d’orchestra che ho dovuto chiedere a Ricordi di redigere una nuova edizione con tutte le modifiche ‘d’autore’ che man mano segnavo sulla mia partitura. Parliamo di circa cento correzioni, nonché di un radicale ripensamento di tutte le scelte metronomiche, per un brano che complessivamente dura sedici minuti. È stato un lavoro intenso, complesso, complicato: per questo oggi mi sento così legato emotivamente alla sua riuscita”.
Quello di Berio, in decrescendo secondo l’apparente volontà di Puccini, contrasta molto con l’altro, completato da Alfano, che di solito viene eseguito, sebbene in forma accorciata. È dunque il più autentico, e quindi l’unico ‘raccomandabile’?
“Non si può essere assoluti senza sapere cosa avrebbe fatto l’autore. La scelta, in questo come in altri casi di opere incompiute, resta comunque un fatto individuale. Io prediligo il finale di Berio soprattutto per motivi drammaturgici. Ritengo che il clangore, il carattere festivo, glorioso, celebrativo del finale di Alfano sia molto ben realizzato ma tradisce quello che emerge dalle testimonianze pucciniane”.
Andrea Estero
(l’intervista integrale a Riccardo Chailly è pubblicata nel numero di aprile di “Classic Voice”)


Prodotti consigliati
306 Novembre 2024
Classic Voice