CO2 debutta alla Scala

La nuova opera sui temi di Expo raccontata da compositore e regista durante le prove

CO2-scala“CO2 è un tentativo di creare un’opera del nostro tempo, per il nostro tempo, e si preoccupa di quello che si può considerare il problema più importante che sta di fronte all’umanità del nostro tempo”: le parole con cui Ian Burton, l’autore, conclude la prefazione del libretto dell’opera che debutterà alla Scala il 16 maggio, musica di Giorgio Battistelli, regia di Robert Carsen, lasciano uno strano sapore in bocca. A leggerlo, questo libretto, e a immaginarsi come possa diventare teatro, anzi teatro d’opera, vengono subito in mente certi esempi di teatro musicale degli anni Settanta/Ottanta quando il genere (a differenza di oggi che è in gran forma) sembrava in agonia e le poche opere che si rappresentavano – si pensi a Intolleranza o al Gran sole carico d’amore di Nono, oppure ad Atomtod o Per Massimiliano Robespierre di Manzoni – erano “non-opere” molto impegnate, dimostrative, a tesi, come si diceva allora “ideologicamente orientate”. Interrogati in merito, Carsen e Battistelli reagiscono diversamente.
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Carsen non sembra molto al corrente di quella stagione del teatro musicale italiano. Canadese di nascita, la residenza metà a Parigi metà a Londra e il suo stesso mestiere di regista lo portano a prediligere un approccio pragmatico alla materia. “Ci sono un libretto in tantissime lingue, la scena, i cantanti, il coro, il coro di bambini, i costumi, le scene, i danzatori, i video: non è teatro questo? CO2 è opera ‘impegnata’, certo, ma in un senso universale, che va oltre la parzialità dell’interesse politico. In origine c’era l’idea di costruire l’opera a partire da un testo di Al Gore, ma l’abbiamo cambiata proprio per uscire da un’ottica particolare (l’America, la famiglia, quella particolare situazione politica di quegli anni) ed entrare in una dimensione universale, come è proprio di tutte le grandi opere del repertorio. Otello o Traviata, ad esempio, muovono da sentimenti privati che trascendono l’hic et nunc per approfondire temi di portata universale. La differenza è che qui è tutto più diretto”. C’è anche da dire che Carsen non vanta molta dimestichezza con il repertorio contemporaneo. Ha messo in scena decine di titoli ma quasi tutti di repertorio, eccetto Riccardo III, proprio con Battistelli e A Night at the Chinese Opera con Judith Weir. In programma in futuro ci sono due opere con i tedeschi Detlev Glanert e Manfred Trojahn. “Ma prima di imbarcarmi in un progetto musicale tutto nuovo, voglio essere in grado di capire il linguaggio musicale e le strutture formali di un compositore, altrimenti mi manca il presupposto sul quale costruire una regia operistica: non farei mai, ad esempio, la messinscena di un’opera elettronica”. CO2-scala3
Sul fronte del teatro musicale, Giorgio Battistelli è invece un veterano. Conosce tutto ed è di gran lunga il più prolifico autore vivente. E ricorda bene la stagione del teatro “impegnato”, anche se allora era, come dice lui “un pischello”. “Ma – rivendica con vigore – c’è una notevole differenza tra CO2 e le opere di quegli anni: allora c’era un nemico da combattere, un ‘avversario ideologico’. CO2 dice tutt’altro, e cioè che se l’uomo, con la sua bramosia di dominio, ha messo in crisi la Terra, sarà sempre l’uomo, forse, l’artefice di una rinascita. In questo senso, la mia non è un’opera di denuncia. O almeno, non è solo questo”.
Enrico Girardi

(la versione completa dell’incontro con Giorgio Battistelli e Robert Carsen è pubblicata sul numero 192 di “Classic Voice”; col servizio plus in anteprima il video delle prove)


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311 Aprile 2025
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