clarinetto Andreas Ottensamer violini Leonidas Kavakos, Christoph Koncz viola Antoine Tamestir violoncello Stephan Koncz contrabbasso Odon Racz cimbalom Oszkar Okros accordéon Pedrag Tomic cd Dg 481 1409 prezzo 18,60
“La scienza con la S maiuscola ha voluto pubblicare ogni scartoffia con cui un grande aveva reso omaggio al proprio sedere. La scienza si era messa a pubblicare tutto lo sterco dei vicoli”, con questi toni sdegnosi, non propriamente eleganti, Brahms reagiva alle critiche rivoltegli dagli etnomusicologi per le sue incursioni nel “popolare”, nate non da pure ragioni catalogatorie ma da un fascino musicale destinato a farsi spesso trasfigurazione poetica. La stessa ragione che lo portava ad affermare “Nessuna nota di Dvorák mi è indifferente. Ci sono tante melodie che vagano nell’aria che devo fare attenzione a non calpestarle…”. È lo spirito da cui è nato questo piacevolissimo disco, concepito dal bravissimo Andreas Ottensamer, clarinettista dei Berliner ma pure solista affermato, sul filo delle suggestioni folcloriche ungheresi che hanno toccato non troppo marginalmente l’orizzonte brahmsiano; percorso ricreato attraverso lo strumento che ha così teneramente illuminato l’autunno del compositore, quel clarinetto che lo aveva incantato dopo aver ascoltato Richard Mühlfeld e che ha ispirato gli ultimi capolavori cameristici. Il disco si apre infatti con il Quintetto in si minore, in un’esecuzione straordinariamente partecipativa da parte di un ensemble che come primo violino vede nientemeno che Leonidas Kavakos. Un gruppo animato dal piacere di questa felice scorribanda folclorica che, spingendosi fino al terreno popolare della Transilvania, si sofferma a rievocare le prime esperienze del non ancora ventenne Brahms quale accompagnatore del celebre violinista ungherese Eduard Reményi, capace di entusiasmare il pubblico con l’esecuzione strabiliante delle danze popolari della sua terra. Una vena che è entrata naturalmente nel tessuto creativo del grande compositore lasciando tracce dichiarate nelle celebri Danze ungheresi e, screziandosi di profumi viennesi, nei Valzer e nei Liebesliedervalzer, ma pure segnali non meno eloquenti in altre opere sinfoniche lasciando qualche ombra fugace nelle stesse pagine del Quintetto.
Gian Paolo Minardi