interpreti R. Fleming, N. Gunn, K. O’ Hara, T. Allen, A. Shrader, C. Elrod direttore Andrew Davis orchestra, coro e balletto Metropolitan di New York regia Susan Stroman dvd Decca 074 3900 prezzo 28,50
Diranno i lettori: ha cambiato nazionalità Franz Lehár o ha cambiato titolo Die lustige Witwe? Niente di tutto questo, semplicemente la più celebre delle operette ha mantenuto fede a una regola quasi universale del genere: venir cantata non nella sua lingua d’origine bensì in quella del teatro che la ospita. E ce n’è donde, visto che agli spettatori incombe l’obbligo di tener ben aperte le orecchie al fine di captarne non la sola musica ma anche i dialoghi del testo, sennò si perde una parte non corriva del divertimento. Filologia impartirebbe altri ordini, si sa, ma forse non è il caso di negare al newyorkese come a qualsivoglia altro cittadino del mondo i suoi diritti; e dunque viva The Merry Widow. Questa nuova apparizione in video del titolo di Lehár arriva dunque in inglese dal Metropolitan e garantisce una buona tenuta teatrale anche se non proprio l’assolutezza delle sue ragioni. Scenografia e costumi sono di sicura pertinenza e finezza, va detto; la star di turno, Reneé Fleming, fa il suo per conferire glamour e crediti vocali alla più nota vedova della musica, e i suoi compagni di palcoscenico si spendono con discrete qualità attoriali, mentre Sir Andrew Davis conduce in porto il tutto con sicura professionalità e qualche brio. E allora, diranno ancora coloro che mi onorano di leggermi? Manca solo una cosa, ma assai importante: l’effervescenza del proibito, sostituita da una sorta di inamidata allure mondana che non ci mette granché a mutarsi in confezione strenna: una storiella poco pruriginosa e molto leccata (anche se il pubblico se la spassa) che poco si raccomanda sul piano della fedeltà all’etica libertina dei vecchi Imperi Centrali.
M.me Fleming sa com’è naturale il fatto suo vocale nei panni di Hanna Glawari: una piacente donna con qualche annetto che la separa ormai dalla fanciullezza, ed ecco come caratteristiche fisiche e anagrafiche giochino di conserva a comporre il ritratto più giusto a un’interpretazione vocale. Il rimanente del team di palcoscenico è pari alla bisogna se proprio lo si vuole; bello e prestante il partner Danilo, Nathan Gunn, convenientemente spiritoso come la parte impone, mentre il vecchio Sir Thomas Allen appone il cliché del cinismo all’ambasciatore pontevedrino Mirko Zeta, che poco fiuta degli amorazzi della consorte Valencienne, Kelli O’ Hara, con il Camille di Alek Shrader, tenorino di innocui svolazzi erotici ma di canto non proprio eccitante. E decisamente simpatico, senza eccessi di grottesco, è il Njegus di Carson Elrod, parte che di norma s’affida a un buon comico di razza. Sul fronte della musica, insomma, ci siamo o quasi; dove la cosa diventa meno elettrizzante è invece su quello del teatro. Non che la regia di Susan Stroman pecchi di rifiniture sui personaggi ma esse non fuoriescono mai dalla più solida convenzione e finiscono coll’apparire stucchevoli. Merry Widow o Lustige Witwe che sia, Hanna consegna una protagonista da vetrina e le innumerevoli coreografie sono brillanti quantunque sappiano di già visto. E la pluriblasonata vicenda di Léon e Stein, memore delle originarie carature erotiche di Meilhac, si svolge con tranquilla routine che poco o nulla si confà alla sua incandescente allusività erotica.
Aldo Nicastro