solisti C. Oelze, C. Mayer, T. Kerl, S. Humes direttore Daniele Gatti orchestra Mahler Chamber teatro Donizetti Festival pianistico internazionale di Brescia e Bergamo
BERGAMO – Si è conclusa l’integrale delle Sinfonie di Beethoven che Daniele Gatti ha diretto – in due anni – con la Mahler Chamber Orchestra. L’Ottava e la Nona sono state eseguite a Torino, Ferrara e al Festival internazionale di Brescia e Bergamo. A dettare l’agenda, la convivenza tra il direttore e la speciale compagine orchestrale. Dirigere una Nona con quattro contrabbassi è già un programma interpretativo: l’equilibrio sonoro si sbilancia a favore di legni e ottoni a discapito della falange degli archi, relativamente ridotta. Il direttore milanese, inoltre, non è avaro di dettagli: la sua partitura sonora è una mappa di accenti, sforzati, rilievi. Linee ad alta tensione. Un paesaggio musicale accidentato e imprevedibile dove anche l’accompagnamento più trascurabile, o il riempimento più neutro, acquista spessore tematico e ritmico. Diventa figura. Ne consegue una Nona terremotata dall’interno, eccitata nei tempi e nei fraseggi, per nulla pacificata – e “ancora” rivoluzionaria – nel piglio acido delle batterie dei fiati, penetranti e a tratti ineducate, che accendono l’inno di Schiller: il coro Orfeo Català lo intona con schiettezza e senza sbavature, le voci del soprano Christiane Oelze e del basso Steven Humers con qualche durezza e incertezza vocale. L’Ottava secondo Gatti non coincide con un momento di disimpegno espressivo tra Settima e Nona: nervosamente la prepara, anche dove avremmo preferito giochi ammiccanti più che certezze perentorie. Un revisionismo interpretativo che Gatti svolge con una miracolosa, conquistata, naturalezza. Anche nella capacità di liberare dolcezze: tanto nel recitativo strumentale con cui s’inizia l’ultimo movimento, ambiguamente interrogativo, come nei vertiginosi pianissimi che intarsiano il tripudio corale conclusivo.
Andrea Estero