"Germanico del sig. Hendl". Fin dal 1929 il catalogo a stampa del Conservatorio Cherubini di Firenze, sezione "Opere teatrali", p. 143, offriva la traccia di un titolo händeliano non menzionato da altre fonti. Nell’autunno del 2009 fotocopie del manoscritto presero a circolare a Londra, diffuse da un gioielliere di Bond Street che contattava i massimi esperti del settore al fine di sollecitare un’autenticazione. Per conto di chi? Il mistero si è in parte sciolto con un comunicato apparso il 18 maggio sul sito di Sony Classical per convocare una conferenza stampa il prossimo 6 giugno allo Scala Shop di Milano. Nel frattempo alcuni assaggi sono offerti ai media su un portale protetto da password: 12 brani in audio streaming, libretto, note di copertina dello scopritore Ottaviano Tenerani, che col suo complesso "Il Rossignolo" e un cast vocale di tutto rispetto ha già registrato un cd, e contestualmente annuncia un’edizione musicale autoprodotta.
Operazione segretissima e abile colpo di marketing, che però non convince tutti. Dichiara il maestro Tenerani: "Si tratta di una serenata a sei voci, scritta certamente per qualche occasione privata legata alla casa d’Austria o ad un suo simpatizzante. Il lavoro è di rilevanti proporzioni (45 numeri tra sinfonia, arie e recitativi), completo e in un atto unico. Le filigrane della carta permettono di asserire una sua provenienza veneziana fra il 1706 e il 1709. Potrebbe essere uno dei primi lavori composti in Italia da Händel".
La cronologia del viaggio italiano di Händel resta dibattuta, ma i suoi estremi si collocano fra inizio 1706 (o poco prima) e febbraio 1710. Il libretto è invece univoco nell’indicare il personaggio celebrato: l’arciduca Giuseppe d’Asburgo, re dei Romani e futuro Kaiser Giuseppe I, descritto come un bel giovane incoronato, occhi cerulei e capelli biondi. Aveva preso dalla madre, Eleonore Magdalene di Pfalz-Neuburg, mentre il suo fratello e successore Carlo VI era bruno e bruttarello quasi quanto il padre Leopoldo. Il puntuale ricalco erudito fra le vicende della guerra di successione spagnola e quelle narrate da Tacito (Annales, II/14, 26 e 41) circa il trionfo di Germanico a Roma dopo la campagna del Reno consente solo una datazione "alta" al 1702 o una "bassa" al 1704, ossia i due ritorni vittoriosi di Giuseppe dal doppio assedio della fortezza di Landau nel Palatinato. Nel maggio 1705 era già imperatore, e la sua sottomissione al padre (nel libretto "Cesare", ossia Tiberio) sarebbe fuori luogo.
Dunque non opera ma serenata celebrativa, da mettere in serie per contenuto, forma e stile con altre partiture conservate alla Nationalbliothek di Vienna: "Cetre amiche, a un cor che langue" di anonimo (1702), Il ritorno di Giulio Cesare vincitore della Mauritania di Giovanni Bononcini (1704), Attilio Ariosti I gloriosi presagi di Scipione Africano (1704). L’ascolto dei brani registrati suggerisce semmai l’attribuzione a uno di questi due compositori, mentre il librettista sarà forse il napoletano Donato Cupeda, poeta cesareo fino al 1705, oppure il suo vice Pietro Andrea Bernardoni. E l’attribuzione sull’incipit della partitura? Perfino un piccolo facsimile come quello fornito da Sony suscita dubbi. Possibile che un manoscritto tanto calligrafico fosse privo di regolare frontespizio? La mano che ha vergato l’attribuzione a "Hendl" non pare proprio la stessa che per tre volte ha scritto "Andante" sotto la prima battuta della sinfonia. Tirava a indovinare oppure voleva allettare un collezionista?
Su questi e altri interrogativi sarà doveroso tornare in sede scientifica. Intanto ci resta la musica: piena di educati languori melodici, concertati intriganti, strumentazione ricca come poteva offrirla la Hofkapelle viennese. Non sembra di Händel, ma vale la pena di ascoltarla.
Carlo Vitali
Carlo Vitali è autore di vari contributi musicologici sul viaggio italiano di Händel, pubblicati da Bärenreiter e Cambridge University Press.