BERGAMO – Non sorprende che il genio di Donizetti si possa riconoscere nell’incompiuto Requiem per Bellini (iniziato nell’ottobre 1835) in misura maggiore che nel giovanile Borgomastro di Saardam (Napoli 1827) o nel Pigmalione (1816) scritto mentre era ancora allievo di Padre Mattei a Bologna. Non sappiamo perché la Messa da Requiem sia rimasta incompiuta, né se sia mai stata eseguita prima del 1870, né perché privilegi in misura insolita le voci maschili gravi (Andrea Concetti era il più impegnato tra i solisti di canto); ma la bella esecuzione nella Basilica di Santa Maria Maggiore ha mostrato chiaramente che questa partitura, pur disuguale, meriterebbe notorietà e circolazione molto maggiori, per la nobiltà e l’intensità delle pagine più liriche e per alcuni momenti di grande vigore drammatico. Che si collochi tra sensibilità teatrale e tradizione liturgica non è certo un limite. Lo mostrava assai bene la calibratissima e approfondita direzione di Corrado Rovaris, che guidava un coro e un’orchestra valenti, e che ha potuto contare su Carmela Remigio (che a due anni dall’Anna Bolena ha offerto una lezione di stile e di purezza vocale nella suggestiva parte del soprano, purtroppo breve), e su voci felicemente impegnate nelle opere di questo Festival, come il tenore Juan Francisco Gatell, di impeccabile finezza, il pregevole basso Omar Montanari e Andrea Concetti, che ha superato con nobiltà le insidie di un ruolo impegnativo.
Lo stesso Concetti era ammirevole nel ruolo del titolo del Borgomastro di Saarlam, un’opera che, a differenza del Requiem, può continuare a riposare nell’oblio che l’ha sepolta, anche se nella sua scorrevole e gradevole dimensione postrossiniana non mancano motivi di interesse o almeno di curiosità. Il viaggio europeo in incognito di Pietro il Grande, che davvero soggiornò in Olanda, si intreccia nel libretto di Gilardoni con le vicende di una coppia di innamorati e del borgomastro di Saardam (cioè Zaandam, presso Amsterdam), l’unico personaggio comico, che pretenderebbe di sposare Marietta, la fanciulla di cui è tutore. Questa ama invece Pietro Flimann (il bravissimo Gatell), che per lei ha disertato, e che lo zar Pietro dapprima aiuta in incognito, poi perdona e riporta con sé in patria insieme a Marietta. Il duetto in cui la fanciulla respinge le proposte matrimoniali del goffo borgomastro è tra le cose migliori di un’opera che ha avuto un’ottima compagnia di canto: da ricordare la sicurezza di Irina Dubrovskaya come Marietta e le prove di Giorgio Caoduro (lo zar Pietro) e di Aya Wakizono. Corretta la direzione di Roberto Rizzi Brignoli e deludente la regia di Davide Ferrario, sebbene fossero gradevoli le scene di Francesca Bocca e i costumi di Giada Masi. Nella concezione di Ferrario i limiti del lavoro sugli attori non erano compensati dall’uso non sempre pertinente di molte citazioni cinematografiche o da altre proiezioni.
Funzionava meglio la regia del quasi esordiente Roberto Catalano in Che originali! (Venezia 1798) di Giovanni Simone Mayr, una farsa che ebbe notevole successo quando il futuro maestro di Donizetti non era ancora giunto a Bergamo, e che appartiene ancora compiutamente a un mondo tardo settecentesco. Testo e musica propongono con intelligenza un gioco metateatrale, presentando con efficace caricatura le ambizioni di Don Febeo, che vorrebbe coinvolgere nella sua fanatica passione musicale i servi e tutti i familiari. L’innamorato (corrisposto) della figlia Aristea, Don Carolino, deve ricorrere all’inganno (con la complicità del servo Biscroma) per farsi accettare come genero. Con la direzione vivace e persuasiva di Gianluca Capuano, e con una valida compagnia di canto (gli ottimi Bruno De Simone, Leonardo Cortellazzi, Omar Montanari e le brave Chiara Amarù, Angela Nisi e Gioia Crepaldi) il gioco di Mayr si è imposto felicemente anche grazie a una regia agile che evitava il rischio di eccessi farseschi.
Singolare e suggestivo, nel corso della serata, il contrasto con il Pigmalione di un Donizetti diciannovenne, già capace di creare qualche momento di patetica intensità e di destreggiarsi con onore nell’articolazione di una lunga scena in cui si persegue una flessibile continuità tra recitativi e arie per evocare la disperazione e poi la felicità di Pigmalione innamorato della meravigliosa statua femminile che ha creato, e a cui Venere infonde la vita. Bravo Antonino Siragusa, bene anche Aya Wakinozo, cui il regista conferisce vita e movimento assai prima del tempo.
Paolo Petazzi
Credits e giudizi
Donizetti
Il borgomastro di Saardam
interpreti A. Concetti, J. F. Gatell, G. Caoduro, I. Dubrovskaya
direttore Roberto Rizzi Brignoli
regia Davide Ferrario
orchestra Donizetti Opera
teatro Sociale
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Mayr
Che originali!
Donizetti
Pigmalione
interpreti B. De Simone, C. Amarù, L. Cortellazzi, O. Montanari, A. Nisi, A. Siragusa, A. Wakizono
direttore Gianluca Capuano
regia Roberto Catalano
orchestra dell’Accademia della Scala
teatro Sociale
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Donizetti
Messa di Requiem
interpreti C. Remigio, C. Amarù, J. F. Gatell, A. Concetti, O. Montanari
direttore Corrado Rovaris
orchestra e coro Donizetti Opera
basilica di S. Maria Maggiore
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