Il caso è cieco, e a volte pure sordo. Non ha sentito che negli ultimi mesi la Scala era all’opera per allestire Andrea Chénier. Così anche questa “prima” è andata, il fatidico 7 dicembre è stato celebrato, persino Yusif Eyvazov – il tenore ritenuto a rischio contestazioni – alla fine “l’ha sfangata”. Solo in prossimità delle ultime recite il caso bussa alla porta di Riccardo Chailly. Nella forma di un dono. È lo spartito di Chénier appartenuto a Victor de Sabata che i discendenti del direttore triestino hanno voluto donargli (Chailly aveva dedicato la rappresentazione di Sant’Ambrogio al suo predecessore scaligero). Un vecchio volume con copertina rossa e scritta in oro, logorato dal tempo, ma ricco di indicazioni direttoriali di prima mano. È datato 1896, anno della “creazione” (scaligera) dell’opera di Giordano. Un rispettabile cimelio? No: sfogliandolo, Chailly si accorge che contiene in stampa rilevanti modifiche rispetto alla versione “normale” che negli stessi giorni sta concludendo il suo ciclo di rappresentazioni al Piermarini. Al direttore, sempre intrigato dal mistero del processo compositivo e del suo dispiegarsi, sarebbe piaciuto valutarle per tempo e offrirle agli spettatori, come è già successo per Turandot (col completamento di Berio), Fanciulla del West (tornando alla versione originale precedente gli interventi di Toscanini) o Madama Butterfly (la prima, più sperimentale, versione dell’opera). Ormai è troppo tardi immaginare di proporle al pubblico, ma non rivelarle ai lettori di “Classic Voice”.
Maestro, di che si tratta?
“Non ho ancora affrontato uno studio sistematico e documentato. Però ad apertura di pagina ho notato alcune differenze molto significative. Quella del finale mi ha fatto letteralmente sobbalzare. La tanto discussa conclusione, con i due amanti che vanno al patibolo al grido di ‘Viva la morte! Insiem’ non c’è. O meglio, è diversa. L’involo delle due voci verso l’acuto su ‘Insiem’ non compare, è sostituito dall’intervento dell’orchestra da sola. Le voci restano sospese sulla dominante, non concludono sulla tonica, ‘cercano’ la conclusione orchestrale. Un effetto meno teatrale, ma anche meno viscerale e più profondo. Non è un caso che pure nel libretto originale (ristampato per l’occasione da Treccani, ndr) quell’‘Insiem’ non ci sia”.
Una sospensione, dunque, in un finale considerato troppo affermativo e piatto, se non retorico. Poi?
“La modifica più interessante riguarda la parte di Gérard nel terzo quadro. Ci sono 34 battute di musica che nella partitura d’uso sono sparite. Sono molto importanti per definirne il personaggio. Quando lui comincia il grande duetto con Maddalena…” (continua)
Andrea Estero
La versione completa dell’intervista esclusiva a Riccardo Chailly è pubblicata nel numero 224 di “Classic Voice”