pianoforte Roberto Prosseda 2 cd Decca 481 6567 prezzo 20,80
Prosegue con questo secondo album l’integrale mozartiana iniziata da Prosseda all’insegna dell’adozione del temperamento inequabile del Vallotti e dell’utilizzo di un magnifico Fazioli F278. Non ritorneremo oggi sul primo argomento, cui si è accennato nella recensione del primo volume, quanto sull’esame generale e particolare dei numeri presentati in questo secondo box. L’adozione di tempi sempre piuttosto mossi è una delle caratteristiche di queste letture da parte di Prosseda. Ovviamente si tratta di una scelta che può essere messa in discussione solamente partendo da considerazioni estetiche, e in questo senso trovo che non si possa optare per una decisione univoca: in alcuni casi il discorso funziona molto bene e ci fa guardare a Prosseda come a un novello Friedrich Gulda che mette in luce il carattere giocoso, sereno di gran parte di queste sonate partendo comunque da un’analisi inappuntabile e da un magistero pianistico indiscutibile. In altri casi non è tanto la velocità, bensì il fraseggio che tale velocità fa sembrare ulteriormente elevata, a porre qualche dubbio all’ascoltatore abituato da tempo a tanti altri confronti. L’incipit della K 309, ad esempio, sembra fin troppo mosso, anche se la qualità del suono, la presenza di ritornelli variati “con giudizio”, la definizione dello sviluppo che gioca anche sulle ombre del tema ripreso in modo minore sono tutti dettagli che fanno comunque pendere la bilancia a favore dell’interpretazione di Prosseda. Di alto livello sono le esecuzioni delle altre sonate in modo maggiore, con una particolare menzione per la K 311, che si presta ad una lettura brillante nei tempi estremi e a una cantabilità il meno ostentata possibile nel tempo centrale. Nella celeberrima K 330 (celeberrima anche grazie alla pubblicità derivata dagli anticonvenzionali recital horowitziani, bisogna ammetterlo) si ascolta un profondo e commovente Andante cantabile centrale che nell’interpretazione di Prosseda apre giustamente uno scorcio sugli abissi espressivi del più misterioso dei musicisti. Quando si passa al “minore” inequivocabile, e parliamo ovviamente della Sonata K 310, incontriamo uno di quei testi sui quali si può meditare per una vita ed è quindi logico che Prosseda non dica qui la sua ultima parola. La velocità e lo spirito con i quali affronta il primo movimento danno a volte l’impressione di un timore nel volere approfondire alcuni lati nascosti del messaggio mozartiano che forse si possono meglio comprendere con l’avanzare degli anni. La Sonata K 331 viene eseguita rispettando le indicazioni del rarissimo manoscritto originale scoperto nel 2014 a Budapest ed è quindi doppiamente interessante, specialmente nell’arcinota “marcia turca” che qui risulta rivelare molte differenze rispetto alla versione più conosciuta (si ascolti ad esempio il couplet in Fa diesis minore). Classica, granitica e con diverse piccole varianti rispetto alle esecuzioni tradizionali è la lettura della K 332, che ad ogni ascolto ci sembra sempre più perfetta e modello assoluto per il cosiddetto “stile classico”. Il box è arricchito da una bella performance della Fantasia in re minore e dell’Allegro K 400, di raro ascolto.
Luca Chierici
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