Oggi Norma per l’ultima volta (con repliche il 16 e il 19 maggio). E sarà pure l’ultimissima occasione di sentir cantare Mariella Devia da un palcoscenico d’opera. In questo caso quello della Fenice. Poi solo concerti e insegnamento. La più autorevole belcantista dei nostri tempi dice addio alle scene. La gradevolezza del suo timbro vocale in ogni registro, la pertinenza stilistica, la capacità di far suoi i ruoli sostenuti, ricreandoli con sapienza ed espressività, il ferreo magistero tecnico hanno fatto di lei un’interprete acclamata in tutto il mondo. Si è generosamente spesa in moltissimi titoli di Mozart, Rossini, Bellini, Donizetti, non disdegnando quelli meno conosciuti (Il giovedì grasso, Adelia, Il campanello, ecc.). Cantante come poche consapevole delle caratteristiche della sua voce, ha scelto con intelligenza i titoli verdiani in cui poteva dare il meglio e lo stesso ha fatto con gli autori francesi. È stata la Lucia di Lammermoor di riferimento fino al 2006, quando, dopo 350 recite in ogni angolo del pianeta, ha detto addio all’eroina donizettiana, alla Scala. Estranea ad atteggiamenti divistici e ai clamori dei media, Mariella Devia ripercorre la sua lunga carriera: “Una vita per la musica”, come lo storico premio che La Fenice in questi giorni le ha riconosciuto (lunedì 14 alle 12 la consegna alle Sale Apollinee).
Quale fu la motivazione che la spinse a studiare canto?
“Non vengo da una famiglia di musicisti, però in casa c’erano molti dischi d’opera e io mi divertivo a cantarci sopra. Così è nata la voglia di provare a fare sul serio”.
Perché scelse il Conservatorio di Milano?
“A quell’epoca non c’era ancora il Conservatorio a Genova, che per me sarebbe stato più vicino, essendo io nata a Chiusavecchia, in provincia d’Imperia. A Milano ebbi per docente Jolanda Magnoni, che poi seguii quando lei passò a Santa Cecilia, a Roma, e con lei mi diplomai”.
Da giovane, quali erano le cantanti che ammirava maggiormente e magari prendeva a modello?
“Inevitabile che da giovane ammirassi Maria Callas, così pure Montserrat Caballé che frequentava il repertorio belcantistico che poi sarebbe stato il mio. Modelli non ne ho avuti, anche se la grande stima per una grande cantante, Renata Scotto, ligure come me, faceva sì che ascoltassi sempre come aveva interpretato lei un personaggio che era stato offerto anche a me. E poi… (l’intervista a Mariella Devia continua nel numero 228 di “Classic Voice”)
Massimo Contiero
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