editore Carocci pagine 559 euro 45
L’autore, docente di Storia della musica all’Università di Genova, ha scelto di tralasciare i prodromi per concentrarsi sul grande seguito, ossia tutto ciò che è accaduto da Bach, pietra angolare su cui Mellace costruisce l’edificio della sua narrazione. “Comprendere le circostanze dell’esperienza creativa di Bach non è infatti meno importante che familiarizzarsi con la Firenze di Dante o la Roma di Michelangelo”, spiega nella prmessa. L’uso delle analogie suggerisce non soltanto che il libro è accessibile anche senza competenze particolari, predispone piuttosto ad affrontare un “racconto della musica europea” che sfida l’ordine cronologico per seguire piuttosto gli andamenti di musicisti e musiche, questioni indivuali e fatti sociali. Ciò spiega la suddivisione in preludi, ascese, luoghi, vite parallele che torna, come un ricorso storico, ad ogni cambio d’epoca. Sfilano così, come danzatori di una suite, i protagonisti del Barocco. Pronti ad avvicendarsi a quelli degli stili classico e romantico. Si giunge così al tardo Romanticismo e alla “geografia del Moderno”. Unica divagazione l’Intermezzo rivoluzionario del tardo Settecento con Beethoven che fa eccezione. Niente “ismi”, insomma, cui l’autore sembra non voler cedere. Mellace preferisce soffermarsi sui diversi profili di Schubert, di Schumann fino agli estremi di Wagner e Liszt proprio per escludere le assimilazioni facili. Per il secolo breve, infine, il suggerimento è scegliere “Nuove mete”. Una considerazione ampia aiuta a comprendere la musica durante e dopo le rivoluzionarie invenzioni della radio e della sincronzzazione sonora al cinema. Un passo in più rispetto a Massimo Mila, ma senza deragliare dalla traiettoria onnivora che accomuna chi esplora il prodotto creativo a partire dal vissuto soggettivo e oggettivo.
A. Tr.
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