ensemble Hespèrion XXI, La Capella Reial de Catalunya, Tembembe Continuo direttore Jordi Savall cd ibrido sacd Alia Vox AVSA9927 prezzo 18
Non la solita ristampa, bensì la prima registrazione di un progetto a lungo covato da Savall per concretarsi nel 2015 al festival colombiano di Cartagena. Oggi che di meticciato culturale tanto si discetta a proposito e non, sarà utile ricordare “di che lagrime grondi e di che sangue” l’incontro fra culture nell’America latina, ma senza tacere che nelle colonie anglosassoni l’etnocidio si realizzò con tanto più spietata e radicale efficacia. Per quanto riguarda lo stile di vita dei colonizzati, una fonte come il Codex Trujillo – redatto verso il 1780 per impulso del vescovo Baltasar Martínez Compañón e oggi conservato alla Biblioteca reale di Madrid – non trova comparabile riscontro nella più tarda etnografia nordamericana. Sono 1411 acquerelli riccamente commentati fra cui 36 ritraggono i musicisti indigeni coi loro strumenti e costumi, offrendo notazioni musicali e coreografiche tanto precise da consentirne una ricostruzione più che congetturale, a differenza di quanto accade per tanto repertorio di tradizione orale su cui il maestro catalano ha costruito la sua fama di re del cross-over. Venti brani che campionano il rutilante panorama sonoro “al uso de nuestra tierra”, cioè del vicereame del Perù sul finire del Settecento, dove qualche maestro di cappella ancora intento a coltivare gli splendori della classica polifonia iberica (si rilegga quel capolavoro di storiografia romanzata che è The Bridge of San Luis Rey di Thornton Wilder) si chinò a fissare su carta tonadas, bayles, cachuas e lanchas fioriti sulla bocca di servi, mulattieri, pescatori di stirpe india, mestiza, nera e mulatta. Baylar cantando, involontaria parafrasi monteverdiana, è l’epitome di quell’umile mondo dei vinti che decorava le feste religiose con ingenue espressioni di pietà popolare, oppure lamentava le pene d’amore, l’insolenza del potere e l’oltraggio della tratta (v. Tonada El Congo, traccia 14). Meticciati pure i ritmi, le scale, lo strumentario e la stessa lingua cantata: un misto di castigliano coloniale, quechua e mochica con striature di idiomi africani. Sontuosi come d’uso la presa dal vivo curata dal mago Manuel Mohino e il corredo poliglotta, italiano compreso.
Carlo Vitali
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