[interpreti] G. Janowitz, B. Weikl, S. Ghazarian, R. Kollo, E. Gruberova
[direttore] Sir Georg Solti
[regia] Otto Schenk
[orchestra] Wiener Philharmoniker
[2 dvd] Decca 07
Una commedia viennese, di conversazione, dal testo leggero, ancora più leggero del Cavaliere della rosa, del quale è parente, ma senza costituirne una autoimitazione: quasi un’operetta, con al centro una figura femminile (il ruolo cardine deve essere assegnato ad una donna, mai al baritono). Sullo sfondo: la Vienna del 1860 e non più quella di Maria Teresa del 1740. Il taglio prescelto, quello tradizionale in tre atti, con un primo atto espositivo, un secondo energico e movimentato, ambientato in una sala da ballo, ed il terzo risolutivo. Il libretto prende forma dal 1927 al 1929, prima che la collaborazione tra Strauss e Hofmannsthal sia troncata dalla tragica morte del poeta: il musicista continuerà da solo a musicare il testo, e l’opera debutterà a Dresda nel 1933. Ultimo frutto di un binomio leggendario, come rivelano le parole stesse degli autori, tratte dal loro epistolario, Arabella nasce come commedia autonoma rispetto al Cavaliere della rosa, alla spasmodica ricerca di nuovi caratteri: come il contraltare di Arabella, il nobile croato Mandryka, venuto dalla campagna e ossessivamente innamorato della bellissima fanciulla; come le due sorelle, come il contorno stesso della Vienna di fine secolo, la città “assetata di piacere”con il suo clima fatuo, disincantato, una Vienna più ordinaria. La storia di una famiglia ricca rovinata da un padre indebitato, amante del gioco, costretta ad abitare in un grande albergo, pallido riflesso dell’agiatezza di un tempo, la cui unica ancora di salvezza consiste nelle due figlie, Arabella e Zdenka. Mentre la minore viene fatta travestire da uomo, per la maggiore si cerca freneticamente un marito. Ma la vicenda è attraversata da una sottile inquietudine, di cui erano ben consapevoli gli autori, un conflitto psicologico che rode i personaggi, se si supera la scorza superficiale delle apparenze. Come vivrà Zdenka la forzata negazione della sua femminilità, proprio lei che è innamorata di uno degli spasimanti della sorella? Cosa vuole veramente la bella e corteggiatissima Arabella: lei che può ottenere ciò che all’altra è precluso, è in realtà una ragazza intelligente e riflessiva, che non si comporta da cinica e viziata: al contrario, è una idealista, cerca l’amore vero, è onesta e coraggiosa, sa quello che vuole, non cede a compromessi, ha una forza interiore, una purezza di spirito che ne esaltano il fascino. Si innamorerà per caso di un nobile croato di campagna, giunto a Vienna attirato ad arte dal padre. È l’uomo giusto, finalmente, al quale affidarsi. Un equivoco tra i due sembra mandare a monte il matrimonio, ma alla fine dell’intrigo ritorna il buon umore: la fragile Zdenka conquista Matteo, uno dei corteggiatori respinti da Arabella, e questa convolerà a nozze con l’amato Mandryka, l’uomo della campagna che si scontra con la città frivola, allegra, festaiola e folle, dopo aver mostrato il lato più impulsivo e violento del suo carattere, porgendogli, a suggello della fede, secondo un rito slavo, un bicchiere d’acqua. Connotato da una vena sensuale e ambigua, Arabella non è assolutamente una commedia sentimentale ma psicologica, ravvivata dai colpi di scena: un piccolo capolavoro di arguzia e di amaro disincanto, e perciò delicatissimo da rendere. Gran bel film, quello che ora torna disponibile in versione dvd (Decca), ponendosi senza dubbio al vertice di una limitata documentazione. Testimonianza felicissima di equilibrio tra scena, canto e musica, in cui tutto è veramente perfetto, fluido, naturale. Ricostruzione di un’epoca tirata a lucido, quella di Otto Schenk, che qui dà il meglio di sé, abbondando in primi piani enigmatici, che i cantanti sostengono a meraviglia. Menzione di onore, in particolare, per la Arabella dolce, piena e luminosa della Janowitz, allo zenith delle sue possibilità (siamo nel 1977), per il Mandryka incomparabile, dalla voce brunita e morbida, di Weikl, e per la Fiakermilli eccezionale della Gruberova, la cui apparizione nel II atto è abbagliante. La direzione, superba, dionisiaca e lirica come deve essere, è di Solti. È tuttora il video migliore: in attesa della pubblicazione dell’ultimo spettacolo zurighese (con Renée Fleming), possiamo ricorrere in alternativa a Glyndebourne (Warner 1984) o alla ripresa dell’allestimento di Schenk al Met, Levine sul podio, che nel complesso è una fotografia molto più sbiadita della memorabile impresa di 20 anni prima (a parte la mirabolante prova della Dessay nel ruolo difficilissimo, già appannaggio esclusivo della Gruberova). L’alternativa vera, in realtà, è rappresentata dalla coppia Karita Mattila e Thomas Hampson, protagonista della messinscena di Mussbach (Parigi-Londra), molto dark, pessimistica e tragica. Quanto ai cd, rimane insostituibile la prima registrazione in studio dell’opera, con Lisa della Casa, senza ombra di dubbio l’Arabella per antonomasia (ma l’intera compagnia è stupenda). La si può ammirare anche in un video, che la ritrae, raggiante e sicura, a Monaco nel 1963.
Giovanni Chiodi