pianoforte Emanuele Delucchi cd Piano Classics PCL 10182
Recensendo due anni fa il primo cd dedicato da Delucchi agli Studi di Chopin-Godowsky (quelli tratti dall’op. 10) avevamo notato come le nuove generazioni di pianisti (pochi) che si dedicano a questo comparto difficilissimo della letteratura tendano ad esorcizzare il lato funambolico di queste pagine per cercare di far risaltare l’aspetto più propriamente musicale, a volte poetico. Probabilmente era questo lo scopo sotterraneo che lo stesso Godowsky sperava di avere raggiunto nelle sue rare esecuzioni pubbliche di alcuni Studi, o almeno questo si può dedurre dalle scarse recensioni dei suoi concerti, perché purtroppo l’autore non ha lasciato incisioni effettuate in studio di questo tipo di repertorio. E una delle prime, se non la prima, incisione di parte di questi studi compiuta da David Saperton, a ben vedere, cercava appunto di insistere sulla natura prettamente musicale di questo tour de force, senza per forza imporre una lettura mirata a sottolineare le difficoltà meccaniche.
Con il completamento dell’immane lavoro di studio e registrazione di questo monumento pianistico, Delucchi non solo conferma l’impostazione di base, accompagnata dall’eccellenza del risultato anche visto nella prospettiva “meccanica” e di ricerca del suono, ma approfondisce ulteriormente l’analisi approdando a un risultato ottimale. E giungendo se vogliamo a (ri) scoprire una delle caratteristiche principali che differenziano le due raccolte chopiniane: una musicalità più spinta nell’opera 25 e una maggiore attenzione al substrato meccanico nell’op. 10. In altre parole, mentre molti studi dell’op.10 rivelano un impianto tecnico assai preciso e quindi più adatto a sviluppare una elaborazione nel senso godowskiano del termine, quelli dell’op. 25 sembrano sublimare il problema meccanico approdando a un risultato in cui il raggiungimento poetico è pari, se non maggiore, rispetto a quello virtuosistico. Ecco allora che lo stesso Godowsky sembra accorgersi di questa differenza di impianto e cercare a propria volta una elaborazione di tipo diverso: negli studi tratti dall’op. 10 Godowsky estende soprattutto la chiave puramente meccanica dell’originale, mentre in quelli dedicati all’op. 25 il gioco non regge sempre e comunque e porta quindi a scelte di elaborazione di tipo differente. Ciò accade ad esempio nell’op. 25 n.2 rivissuto come “Waltz”, nell’op. 25 n. 4 (“Polonaise”) o nell’op. 25 n. 5 (“Mazurka”). In ogni caso Delucchi raggiunge un livello di funambolismo straordinario e riesce a trasformare un veicolo composto da difficoltà pianistiche sia dal punto di vista tecnico sia da quello puramente espressivo. Anche questa volta contribuisce al raggiungimento di un contesto sonoro ideale il magnifico Steinway del 1906 della collezione di Marco Barletta e Alberto Mattarozzi.
Luca Chierici
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