[interpreti] M. Domashenko, A. Bocelli, E. Mei, B. Terfel
[direttore] Myung-Whun Chung
[orchestra] Filarmonica di Radio France
[2 cd] Sugar
No, Bocelli non è diventato un tenore. Sì, continua a imitare Corelli. Da questo ossimoro in rima sorte, in virtù della potenza massmediatica del nome, l’ennesima registrazione di un’opera strainflazionata, che per giustificarsi abbisognerebbe d’altro. Chung dirige malissimo un’orchestra per niente brava (quei corni nell’aria di Micaela!): qua corre da tarantolato (Chanson bohèmienne e duello oltre il ridicolo), là ristagna imbambolato cincischiando ora un colore ora un ritmo ora un’armonia, e di teatro manco l’ombra, complice anche un’edizione che impiega i dialoghi – tagliandoli però in modo assurdo – ma anche i recitativi, con l’inevitabile papocchio che ne consegue.
Bocelli continua ad essere Bocelli, ma adesso comincia ad aprire a più non posso, e tracce di vibrato vanno facendosi sempre più evidenti nel canto comunque tutto forte (però il si bemolle del fiore è la nota più riuscita di tutte), tutto uguale, mai espressivamente interessante. Il canto di Terfel è un’indecenza: birignao in basso, aperture sgangherate in alto (il mi di “te regarde” è un muggito riuscito pure malissimo), tutte le caccole possibili in fatto di fraseggio onde delineare un machismo da bullo di periferia. “In cotanta miseria”, per dirla con Chénier, Eva Mei è l’unica che al canto dia il significato che aveva quando ancora l’aveva: linea tutta sul fiato, buon controllo della respirazione quindi capacità di smorzare e rinforzare le note d’una tessitura che, andando su e giù per il passaggio, non consente trucco alcuno ed è impietosa cartina di tornasole per separare chi canta da chi fa finta. Resta Marina Domaschenko, la Carmen che oggi tutti vogliono: il timbro è bello come la figura, ma non tutto funziona a dovere in fatto di omogeneità e morbidezza del suono, molto (troppo) aperto al centro e in basso, e acuti imperiosi sì, ma raggiunti con uno sforzo e un bisogno di spinta che preoccupano assai.
Elvio Giudici